IV Domenica di Pasqua
Domenica 25 aprile 2021 (Gv 10,11-18)
Il Signore è il mio Pastore ..
Questo salmo (23) esprime tutta la bellezza, la grandezza, l’ampiezza, la bontà e la fiducia incondizionata in Dio attraverso l’immagine auto-rivelativa che spiega la missione di Gesù, la sua donazione, il suo amore fino alla fine, nel dinamismo pasquale di vita e di risurrezione. Egli è il Vivente e il Veniente, una realtà che si realizza ogni giorno, e si incarna nella chiesa e nei pastori che fanno la sua volontà, non in chi abusa del compito pastorale e si serve per i propri interessi, e non di chi intende il servizio come un mestiere una professione a tempo. Nei tratti distintivi del Pastore che riassume tutti i pastori, c’è il servizio, il dono della vita, il dono di se stesso e la comunione con il Padre. Gesù parla di sé, e lo può fare perché offre la vita, si espone, non scappa, non strumentalizza e non spadroneggia, ma dona la vita. Noi entriamo in questa dinamica che si può definire trinitaria, il Padre dona il Figlio, il Figlio si dona e a sua volta riversa il suo amore nello Spirito Santo.
Il cuore del Pastore
Il cuore della missione del pastore è questa, il dono della vita, di sé stesso, che è Eucaristia, egli si-offre per le pecore, il suo cuore batte per i vicini e per i lontani e va alla ricerca della pecora smarrita. L’immagine non è esclusivamente religiosa, si può estendere anche a chi nella vita ha un compito e una responsabilità educativa: un padre e una madre, un docente, un politico, un amministratore, un catechista, oltre alla cura pastorale di un parroco e di un vescovo. Quali sono i punti di riferimento o le guide nel percorso della nostra vita? Forse il pastore è scelto perché è più simpatico o attraente e ci è più comodo alle nostre idee? E se il pastore non compie fino in fondo il suo dovere? E quelli che Dio ha indicato per pascere il suo popolo?
Le qualità del Pastore
Papa Francesco ha spiegato le qualità del pastore, la vicinanza, la cura, la prossimità, la custodia, la preghiera, il legame con Gesù, e un pastore deve avere addosso “l’odore delle pecore”. I pastori devono imitare il Pastore, “la luce del mondo”, pena il tradimento della loro missione, devono attirare tutti a lui, e se non ci attraggono, possiamo crearci un pastore ideale, andare verso altri falsi e sedicenti pastori che non sono veri e autentici, possiamo sbagliare, perché abbiamo bisogno di figure di senso, credibili, che ci incoraggiano, che ci indicano la via giusta da seguire, che sappiano darci forza e consigli di vita.
Io nella mia vita ho incontrato “pastori e pastori”. Non solo anche io “indegnamente e senza meriti” sono un pastore ma faccio parte faccio parte del gregge, della chiesa, in quanto battezzato: “Per voi sono pastore e con voi sono cristiano”, affermava sant’Agostino”. So che giorno dopo giorno nella cura pastorale devo guardare sempre lui, non sempre sono all’altezza, come ha confidato Benedetto XVI, “umile lavoratore nella vigna del Signore”, e sono stato gettato in un percorso di crescita e di maturazione dove per essere pastori prima bisogna essere agnello, umile, docile, semplice. L’agnello e il pastore sono due figure circolari, il pastore non può esserlo se prima non è agnello obbediente alla Parola di Dio. Ho dedicato di recente anche un breve testo di riflessione dove non solo parlo della mia esperienza pastorale, e di quanto questa figura biblica mi abbia colpito, in cui sono chiamato a diventare pastore secondo il cuore di Dio: «Non si può conoscere il cuore di Cristo, il cuore del Pastore, se non si fa esperienza della sua Parola, se non ci si nutre del suo Corpo e del suo Sangue, se non si consegna la propria vita, piccola, povera, impegnata e faticosa, per rischiare questo incontro che cambia tutto» (V. L. Manuli, L’Agnello e il Pastore, Reggio Calabria 2019, 37).
Il Pastore secondo il cuore di Dio
Il vangelo di oggi potrebbe portarci a soffermarci solo sulla sua figura affettiva, emotiva o sentimentale, c’è bisogno anche di questo, ma non solo, bisogna guardare in profondità, ci si deve rivolgere al Pastore bello e buono, pregare per i nostri pastori, e chiedere al Risorto di accompagnarci, dove egli continua ad essere una immagine forte, reale ed autentica, al quale tutti dobbiamo riferirci e guardare. Il pastore secondo il cuore di Dio vive una comunione intima e profonda con Gesù e con i suoi, perché si interessa, ha cura della loro vita, prega per loro, accetta il rischio dell’amore e del rifiuto, dell’incomprensione e dell’abbandono, della persecuzione e della solitudine, e non si ferma ai limiti caratteriali, non si vendica, ha rispetto dell’altro e delle sue fragilità, e soprattutto dona la vita.
L’immagine che Gesù offre è una figura liberante, perché è il vero Pastore, che ti conduce ai pascoli verdi e abbondanti, ti offre la vita eterna, quella comunione forte e bella: “Gesù non ha dato la sua vita per ragioni religiose, sacre, misteriche, ma perché quando si ama si è capaci di dare per gli amati tutto se stessi, tutto ciò che si è” (E. Bianchi). In conclusione, guardando gli antichi mosaici dove riproducono il Buon Pastore, mi hanno sempre colpito gli occhi, lo sguardo largo, ampio, che raggiunge tutti, anche oggi; occhi dal quale non c’è giudizio, ma misericordia; accoglienza e compassione, e da questo sguardo ci sentiamo consolati, forti e protetti, accompagnati per ripartire sulle strade del mondo ad annunciare non noi stessi ma Gesù Cristo, la vera Vite, la vera Via, il Pane di Vita, la Porta dell’ovile, la Luce del mondo.
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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