LE SETTE PAROLE DI GESÙ SULLA CROCE

LE SETTE PAROLE DI GESÙ SULLA CROCE

LE SETTE PAROLE DI GESÙ SULLA CROCE 1170 813 Vincenzo Leonardo Manuli

Una tradizione antica rifletteva sulle ultime parole di Gesù la croce, nel venerdì santo dove appare tutto una sconfitta, cala il buio nel mondo, che senso posso avere le parole di un morente, di uomo che ha vissuto fino alla fine nonostante tutti gli erano contro? Gli apostoli e le prime comunità cristiane le hanno raccolte, meditate, parole sacre sparse nei vangeli canonici, un testamento che racconta gli ultimi istanti, la sofferenza, l’abbandono, l’amore, le suppliche e l’affidamento al Padre.

PRIMA PAROLA. Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34)

Si può essere consapevoli del male che si fa? È frutto tutto solo dell’ignoranza? C’è un limite al male? Anche sulla croce, le parole di Gesù sono di perdono, di amore, non di vendetta, di maledizione. Non impreca, ma prega. Fino alla fine, quel perdono che non solo ha raccontato nelle parabole, lo ha donato: figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati. Gesù prega e intercede, affida al Padre la sua preghiera. Tra gli insulti, le derisioni, nessuna parola di condanna, ma di perdono. Un altro insegnamento.

SECONDA PAROLA Oggi con me sarai in paradiso (Lc 23,43)

Sull’altare della croce, l’Agnello immolato, porta con sé i suoi, crocifisso tra due malfattori, altro scandalo; uno lo insulta, l’altro gli chiede di entrare nel suo regno.  Siamo circondati da persone buone, ma anche da persone che vedono sempre il male, che fino alla fine sono ostinati a rinnegare l’umanità e Dio. Cos’è questo regno che promette Gesù? È lui stesso, è nel nostro cuore, è già qui, non pienamente realizzato finchè non si lascia che egli regni dentro la nostra realtà e la nostra umanità. Pensando ad un luogo fisico, immaginando qualcosa di straordinario, il cielo è dentro il cuore, quando le parole di Gesù ci lasciano scavare dentro esse germogliano vita. 

TERZA PAROLA. Ho sete (Gv 19,28)

Oggi c’è sete di umanità, di prossimità, di compagnia. Anche Gesù, ha sete, di noi, del nostro amore. La sofferenza e il dolore di tutto il mondo, della creazione che geme e soffre, trova senso in quelle ore cruciali, dove la gola è riarsa, c’è una sete profonda, di amore. È umano avere sete, dove in uno strazio continuo, flagellazione, il cammino del Calvario, adesso, appeso lì, di fronte alla foga del popolo che assiste ad un tremendo spettacolo, un grido. Quanta sete ha il nostro cuore? Di amore, di affetto, di sostegno, di aiuto, di considerazione, di giustizia. 

QUARTA PAROLA Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato? (Mt 15,34)

Tutti lo hanno abbandonato, i suoi amici più intimi, i capi religiosi, quelli del suo popolo, addirittura il Padre. Uno scandalo! Siamo soli. È terribile la solitudine, tutto va verso quello scarto di chi non riesce più a farsi capire. In lui il grido di tutti i sofferenti, di ogni morente, nonostante tutto, senza negare la realtà, lui che va incontro con libertà e consapevolezza incontro alla morte, dona la sua vita, per amore, qualcosa di incomprensibile, quando invece si vuole trattenerla pensando di possederla. 

QUINTA PAROLA. Donna ecco tuo figlio, ecco tua madre (Gv 19,26-27)

Prima di consegnare lo spirito, si volge a sua madre e verso il discepolo che amava, il testimone che parla per fede. La Madre, sta, in piedi, attende, piange, soffre, e partorisce nuovi figli nel figlio. Maria è la credente per eccellenza, discepola, e con un nuovo ruolo. In lei il pianto di tante madri, le lacrime la preghiera della chiesa in questi giorni di silenzio, di contemplazione, di rinnovamento interiore per una nuova coscienza cristiana ed ecclesiale. 

SESTA PAROLA. Padre nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23,46)

Che cosa ha vinto la paura e la sofferenza di Gesù? Il suo amore eis télos! La sua morte non è stata quella di Socrate, ma un atto preciso: “Padre, nelle tue mani depongo il mio respiro”, Gesù non ha negato la sofferenza; non l’ha allontanata, perché non poteva; non l’ha subita rassegnato, come se un destino incombesse su di lui: no, l’ha attraversata, continuando a cercare il senso della sua vita, pur nella sofferenza.

SETTIMA PAROLA. È compiuto (Gv 19,30)

Il corpo è deposto nel nuovo giardino, il nuovo Eden, e adesso si compiono le scritture. C’è il peso del silenzio davanti alla morte del Signore, quella condanna ingiusta sopportata con passione. Tutto sembra preludere a qualcosa di nuovo e di inedito e sconvolgente. La morte non ha l’ultima parola.  

La croce, è il potere dell’amore. Si scambia la logica della croce con la logica del potere, mentre il suo segno è l’amore, il servizio, la dedizione. La croce è il potere non di comandare, di strumentalizzare, di servirsi, di abusare, in nome di Dio, della fede, della chiesa, non di sottomettere, ma di in-segnare. Ecco il grande segno, quando nella chiesa e come cristiani, parliamo di potere, indossiamo vesti sacre, contempliamo la croce, lasciamoci ferire.

Questa oliva benedetta, torchiata, spremuta, macinata, si trasforma in profumi, ci allieta. Diviene l’unguento che guarisce le nostre ferite, il nostro male, diventa un olio di forza che dà sapore ai nostri giorni.

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