PROMETEO, L’HYBRIS, UNA NUOVA CIVILTÀ (2)

PROMETEO, L’HYBRIS, UNA NUOVA CIVILTÀ (2)

PROMETEO, L’HYBRIS, UNA NUOVA CIVILTÀ (2) 1309 1410 Vincenzo Leonardo Manuli

Oggi si parla molto di Intelligenza Artificiale (IA), ma cosa sappiamo di questa realtà così pervasiva nella nostra esistenza e più utilizzata? Perché dobbiamo occuparci dell’Intelligenza Artificiale? Se si vuole entrare nella realtà dell’IA con simpatia e in maniera critica, – anche se ci siamo già dentro -, essa fa parte della nostra vita ed è presente in molti settori, è il presente del nostro esistente. Ci schiaccerà? Ci salverà? Dobbiamo seriamente pensare agli scenari futuriall’uomo aumentato delle sue potenzialità, all’uomo ibrido. Si può chiamare IA se essa è una creazione umana, non solo una esternalità, ma un prolungamento per estendere la conoscenza umana?

Progresso, sviluppo, benessere, salute, economia, lavoro, ecco la pervasività. Pensiamo agli innocui (sic!)strumenti che usiamo ingenuamente tutti i giorni, e nemmeno ce ne accorgiamo, dal semplice (e complesso) smartphone, social, l’automobile che guidiamo, da internet al terminale di un ufficio. Ci fidiamo? Forniamo tanti dati, nostri, personali, gli stiamo consegnando tutta la nostra vita, alimentiamo gli algoritmi, ma un giorno questi agiranno da soli?

A proposito dell’hybris, chi non ricorda il mito di Prometeo? Questo personaggio è colui che pensa prima, artefice di aver rubato il fuoco agli dèi e punito da Zeus. Il sogno umano è di divenire immortali, di trascendersi, tanto che movimenti di pensiero, i transumanisti, i postumanisti, non solo loro, sono ottimisti nel futuro. Nel pantheon dell’IA, speculatori, sognatori, visionari, scrittori, fantascienza, scommettono e programmano.

E se l’uomo sta osando troppo? È un peccato genesiaco divenire come Dio?

A questo dibattito rispondono la teologia, la religione e la filosofia. La scienza va avanti, quasi divinizzata, continua la sua ricerca teorica e diviene tecnologica, ma da una parte aggiunge, dall’altra toglie. Rimarrà qualcosa di umano oppure un giorno l’umanità, sarà umanoide e si conizzeranno nuove terminologie? Si parla di roboeticananotecnologie, un dato certo è che non possiamo farne a meno, tuttavia non bisogna sottovalutarne i rischi senza perdere di vista i benefici, soprattutto la questione etica e quella sociale.

L’uomo fa cultura, evolve la technè, pensiamo ai primi utensili, quanto tempo è passato e quante altre pagine si scriveranno. La storia è il segno dell’anelito di bene ma anche dei rischi che non debbono mai far perdere la signoria dell’uomo sulla sua creatura. Da più parti si sollecita una regolamentazione, un’etica per un’IAaffidabile. Paolo Benanti, è uno degli esperti nel campo dell’IA, ha coniato un neologismo: l’algor-etica. Le domande bisogna farsele perché le scelte siano associate ai valori della persona, dal quale è scaturita la necessità di maggiore trasparenza, giustizia, equità, inclusione delle diversità, responsabilità. Al centro di questo processo ci deve essere l’uomo, infatti oggi si parla di human centry, aspetto che riguarda l’etica, il diritto, la sicurezza (cybersecurity).

Si può umanizzare la tecnologia o avverrà il contrario?

Gli esperti discutono sulla possibilità che l’IA possa prendere decisioni al posto dell’uomo e dei cambiamenti che può portare alla nostra vita. Per non diventare succubi degli algoritmi, – ecco la necessità dell’algor-etica -, e della tecnologia occorre un dialogo interdisciplinare per riflettere sulle implicazioni e le conseguenze. È condiviso da tutti l’impostazione etica da dare alle macchine che deve essere costruita a monte del sistema, e il valore della persona umana deve essere centrale.

Nella prossima riflessione mi piacerebbe parlare del cyborg e cyberumanesimo, l’aspetto educativo delle tecnologie digitali, orami siamo una una civiltà digitale, ma abbiamo una cultura digitale

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