XXX TEMPO ORDINARIO (B) Mc 10,46-52
C’è una fatica della fatica: la fatica della comprensione, la fatica della fede, la fatica del discepolo, la fatica di Dio, la fatica dei poveri, la fatica di chi è indigente e il cui grido non trova comprensione. Chi si riconosce sul ciglio della strada, senza vittimismo di sorta, in una vita rassegnata, nel buio dolorante dello scarto, fa da contrasto la voce di chi non spegne mai il desiderio di non essere dimenticato da Dio e dagli altri, lotta, alza il tono della voce.
Sul bordo della strada
Non è un caso la presenza di Bartimeo, lucignolo fumigante, un cieco mendicante, canna sbattuta dal vento, affetto da un male fisico che lo esclude dalla società e lo costringe all’isolamento. È ai margini dell’umana convivenza, impedito nello svolgimento delle consuete mansioni quotidiane, dipende dagli altri e perciò chiede l’elemosina. E se in Bartimeo occorrerebbe riconoscere anche la cecità dei discepoli e della folla che segue Gesù? Con alcune sostanziali differenze, Bartimeo sembra più sensibile di chi ci vede e fiuta che passa sulla strada qualcuno che cambierà la sua vita e non sarà più costretto a mendicare.
Il grido del malato
Quando mi reco all’ospedale o sono in attesa di una visita specialistica, è sconcertante vedere tanti malati, a volte impazienti, medici e operatori sanitari che scappano, alcuni forse troppo abituati alla routine di ritmi stressanti, per non parlare di alcuni paesi e alcune regioni come la Calabria dove la sanità è un dramma. Quanta ingiustizia che meriterebbe di essere risolta! Quante volte, nelle corsie degli ospedali, nelle camere delle case di riposo, nelle case e nelle ambulanze sarà salito alle labbra il grido di aiuto! C’è un’onda di dolore che si abbatte sul mondo, e chi non subisce la malattia del corpo, vive la preoccupazione per i propri cari. Bisogna avere il coraggio di guardarlo tutto questo dolore del mondo. Il grido del vangelo sembra affermare più la mancanza di Dio che non la sua presenza, nella forza di un grido emesso senza censure, anche se molti gli intimano il silenzio. Egli però non può trattenersi. Il passaggio di Gesù scatena l’attesa più intima del suo cuore ed egli lo chiama con maggiore forza. Gesù si ferma, visita l’umanità con la forza del suo amore salvifico, abita il tempo degli uomini per dilatare la loro fede in direzione dell’eternità. Il cieco invoca pietà, “un grido e un gemito che trova ospitalità in Dio” (G.B.), Figlio di Davide abbi pietà di me!.
La guarigione dalla cecità
Il cieco, diversamente dall’uomo ricco, che abbiamo incontrato domenica scorsa che non sa staccarsi dal molto di cui dispone, si libera del poco che ha e va da Gesù, getta via il pesante mantello balza in piedi e va incontro a Gesù, scattare in lui la molla della sequela perché quando Cristo riaccende i colori il desiderio umano si ravviva e torna la passione per la vita: “Gettato via il pesante mantello dello scoraggiamento, restituito nel suo incontro con Gesù al suo desiderio più profondo, che io veda, e alla sua intuizione di avere incontrato la luce” (G.B.).
Vide di nuovo
Vuole ritornare a vedere, è diventato cieco, vuole vedere con altri occhi, nuovi, diversi. Ci siamo un pò tutti in questa condizione. E così avviene: E subito vide di nuovo. La salvezza sta tutta qui, nella capacità di vedere nuovamente le cose di sempre con una speranza rinnovata. Bartimeo vede, ma anche Dio vede, e conosce la tua storia, «’occhio con cui io vedo Dio è lo stesso occhio con cui Dio vede me», scrive Meister Eckhart, “in quell’incrocio di sguardi, in quell’ombra che sfumava nella luce, Dio e Bartimeo si sono trovati e abbracciati. E di certo un sorriso avrà accolto il suo primo sguardo, come un bacio infinito” (L.V.).
Signore, liberaci dalla situazione di cecità in cui ci troviamo.
TI AUGURO DI ESSERE COME BARTIMEO CON IL DESIDERIO DI TORNARE A VEDERE LA BELLEZZA CHE CIRCONDA NELLA VITA.
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