PRIMA L’ACCOGLIENZA

PRIMA L’ACCOGLIENZA

PRIMA L’ACCOGLIENZA 2048 1535 Vincenzo Leonardo Manuli

Chi è il più grande? Gesù annuncia per la seconda volta la sua passione, e i suoi non comprendono. E noi nuovi discepoli di Gesù siamo così diversi da loro? Quante liti per i primi posti! Pretese, ambizioni, cozzano con la sequela della croce. Il cammino dei discepoli verso Gerusalemme insieme al Maestro è stato una lunga e rigorosa iniziazione a saper riconoscere la passione e le “passioni”, cioè quei pensieri ostinati e disordinati, inutili eppure insistenti, di cui tutti facciamo esperienza, “che fanno guerra” in noi, tra noi, e da cui provengono le guerre e le liti. Gesù risponde con un segno: il bambino.

Chi è il più grande?

Quante cose fraintendiamo? Non biasimiamo i Dodici, successo, onore, privilegi, potere, avvengono nella scuola, nei luoghi di lavoro, nella chiesa, purtroppo.  “Non ci meravigliamo, non è un atteggiamento insolito. Tutti noi frequentiamo e conosciamo ambienti dove la dinamica fondamentale è quella della competizione. In molti luoghi si sgomita e si diffama l’altro solo per avere più spazio per emergere” (G.P.). Gesù come un buon padre, si siede con i suoi e spiega la differenza, soprattutto dice che chi aspira alle cose grandi, a quei carismi a cui San Paolo si rivolgerà ai Corinzi, al primo posto deve esserci la carità.  Gesù è stato messo a morte perché era scomodo, non si è fatto illusioni. Non è un percorso facile, anzitutto occorre prendere in considerazione le passioni disarmoniche che abitano il nostro cuore, ricuperare il nostro “bambino interiore per riaccoglierci in tutta la nostra fragilità e smettere di puntare i piedi nella vita. 

Gesti

L’infinita pazienza di Gesù che deve ricominciare ogni volta, di spiegare una “nuova matematica”: “Il primo è l’ultimo, il grande è il piccolo. Il nostro destino? Divenire bambini”, afferma Luigi Verdi. Gesù ribalta ogni logica umana, ma non è facile invertire la mentalità, farsi servi, farsi piccoli, perché il Dio che annuncia è sovversivo. Il cammino indicato dal Signore Gesù è di imparare a servire gli altri senza servirci degli altri anziché permettere continuamente noi stessi al centro dell’attenzione e degli interessi. Come si può realizzare tutto questo? “Gesù prova infatti a condividere con i discepoli, cioè con i suoi amici, con le persone che gli stavano più vicino, il suo dolore. Eppure, i discepoli, invece di esprimere la loro compassione, rivelano tutta la loro distanza: il loro cuore è da un’altra parte, rigettando il Maestro nella sua più profonda solitudine. La reazione dei discepoli davanti alla sofferenza di Gesù è quella di discutere tra loro su chi fosse il più grande” (G.P.).

Accogliere il più piccolo

Nella Chiesa a volte si entra con propositi buoni, poi, avviene l’imboscata del nemico, al posto della fratellanza, l’arroganza e la prepotenza, al posto della carità, un combattimento fino alla eliminazione dell’altro. Il servizio di cui parla Gesù sta in un gesto simbolico, il bambino, l’abbraccio del nostro bambino, di accogliere chiunque è piccolo, disprezzato e ultimo. 2Il bambino è una persona disarmata, inerme, debole. Non può fare grandi cose, ma può lasciarsi abbracciare. Lo scopo della vita allora non è conquistare spazi, ma lasciarsi abbracciare da Dio. Chi non riconosce la propria fragilità, non si lascia neanche abbracciare da Dio. Quel bambino rappresenta anche tutti quelli che stanno intorno a noi e che di solito vediamo come avversari: in realtà, a ben guardare, scopriremo che sono tutti bambini da accogliere. Sappiamo bene oggi che dietro un adulto violento e aggressivo c’è un bambino che non è stato abbracciato. Gesù ci invita a cambiare lo sguardo su di noi e sugli altri. Ci chiede di non essere in competizione con noi stessi, ma soprattutto di non vedere l’altro come l’avversario da eliminare: questo è un pensiero demoniaco! L’altro, dice Gesù, è un bambino da accogliere” (G.P.).

Il Regno di Dio si costruisce con i piccoli, con gli umili, con quelli che la logica mondana considera insignificanti.

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