“C’è o ci fa?”
Spiegherò questa frase incauta, nel racconto di una nuotatrice, una ragazza di soli diciannove anni, partecipa ad una gara di nuoto alle Olimpiadi 2024 che si stanno svolgendo in Francia. Arriva quarta, dopo una competizione accesa, noi tutti a tifare per lei, e per un centesimo sfiora il podio.! Al momento dell’intervista, nello studio televisivo, una ex fiorettista, la rimprovera, non condivide le sue emozioni, la sua reazione: “c’è o ci fa?”, tanto che si lascia scappare questa infelice battuta.
La nuotatrice è Benedetta Pilato, è la protagonista di questa vicenda, mentre Elisa Di Francisca è l’inopportuna commentatrice, una vicenda che è divenuta virale e diversi sono stati i commenti, al punto che poi quest’ultima si è scusata.
Mi ha fatto riflettere questa circostanza. Innanzitutto onore a questa campionessa, emozionata, felice anche per il quarto posto e in lacrime. Passeggiando sul web, incontro la storia di un’aragosta, una storia di resilienza, allora ho voluto rielaborarla, è una storia che insegna, una storia pedagogica, che trasmette dei valori, aiuta ad affrontare i conflitti, narra di fragilità e di incisività.
A noi piacciono a tavola le aragoste, – mi si scusi l’introduzione -, ma le aragoste non solo si mangiano, la loro vita e la loro crescita contiene un insegnamento. Pensate al lungo sviluppo e alla lotta per divenire grandi!
Come cresce un’aragosta?
Potrebbe non interessarci, ma è il messaggio che vorrei farvi trasmettere, ciò che conta è il contenuto valoriale. La storia di Benedetta e quella dell’aragosta mi sembrano parallele, perché parlano di crescita, di lotte, di sconfitte, di prove, di fallimenti, di fragilità, di resistenza, quest’ultima è il mio verbo preferito. Se ti interessa, continua a leggere, altrimenti lascia perdere. Se sei curioso, allora rifletti, saprai che l’aragosta per crescere e per difendersi dai predatori, si nascondeva sotto la roccia. Lottava e mentre lottava cresceva, sopratutto contro gli altri animali che volevano mangiarla.
L’aragosta ha affrontato la sofferenza, con il passare dei giorni diventava sempre più grande, la sua è una storia di trasformazione e di salvezza. Quando si metteva sotto la roccia cambiava guscio, perché crescendo gli andava sempre più stretto. Lo sapevi questo?
Lo sai che ad un certo punto, abbiamo scoperto che quell’aragosta eravamo noi? Quell’aragosta sarà Benedetta, lo è stata anche Elisa. Abbiamo imparato che in realtà, il protagonista della storia eravamo ognuno di noi.
Quale è il messaggio dell’aragosta? Quale è il messaggio del quarto posto di Benedetta? “È importante saper soffrire perché così si cresce”. Questa circostanza e questo racconto dell’aragosta, parlano di valori, la sofferenza è anche un valore, è una valore la fragilità, è una valore la vulnerabilità, è un valore il fallimento, e questi fanno emergere le risorse che non sapevamo di avere, conosciamo di più noi stessi., i limiti, le debolezze, le forze. Non è vero che ascoltando questa storia abbiamo avuto un momento di illuminazione? Ognuno di noi lo ha capito da solo. “È vero, a volte devo affrontare la sofferenza, devo affrontare la sofferenza per crescere”. Questo è ciò che si chiama resilienza. Si ricomincia. Si riparte. Più forti e più consapevoli di prima.
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