Una sfumatura importante dell’esperienza religiosa e dell’attivismo sociale di don Bosco (1815-1888), è la dimensione liberante e incarnata del santo torinese del XIX sec., progressivamente estesa nell’arte di educare. Educare e liberare sono stati la password della sua vita, concentrata principalmente sulla realtà giovanile, precursore dei “processi di liberazione giovanile”, in uno stile impastato di realismo storico e di speranza cristiana. Un esempio unico e irripetibile che presenta diverse sfaccettature, di uomo poliedrico, portato alla storia, di fede, predicatore, apostolo della carità, scrittore e fondatore. Esistono diverse biografie e fiction sulla sua vita, la sua eredità è proseguita dalla famiglia salesiana da lui fondata, dove ha consumato tutte le sue energie, in tempi non facili, mostrandosi attento osservatore alla società del suo tempo.
Si può rivivere la sua esperienza? Si può ripartire da lui? Cosa è rimasto del suo carisma?
Al cuore del messaggio c’è la sua “presenza educativa” con i giovani, ne ha fatto un progetto di vita, con la scommessa di farli diventare «buoni cristiani e onesti cittadini», un binomio inscindibile, cartina di tornasole del corretto inserimento dell’uomo credente nella società civile e del contributo competente e responsabile per il progresso materiale e spirituale di essa.
Sono trascorsi più di due secoli dalla sua nascita, è possibile riformulare la sua avventura? La prassi educativa e liberante è ancora realizzabile in un contesto sociale e culturale profondamente cambiato? Il sud Italia a corto di una santità sociale, che incisività ha avuto la spiritualità salesiana?
Lungi dal costruire un’iconizzazione eccessiva del santo, tantomeno un’operazione di archeologia o nostalgica, però dal suo stile di educatore si possono individuare tre colonne importanti su cui riflettere, per riproporre e attualizzare nuovamente l’accoppiamento «buoni cristiani e onesti cittadini». Se si premette che educare è difficile, si intuisce che valgono sulla vita degli altri più gli esempi che le parole, un contorno di non poco conto che lo ha fatto divenire guida e amico dei giovani, soprattutto perché ha vissuto di ottimismo, è stato cantore della gioia, intesa come la capacità di dare nutrimento alla vita. Un’altra colonna del processo di liberazione, egli si è “guardato intorno”, accorgendosi della realtà, vivendo l’essere situato in un contesto, per leggerlo e analizzarlo, con lo spirito di una acuta e intelligente osservazione, umana, incarnata e liberante, nel rispondere ai bisogni immediati e per preparare i giovani alle sfide del presente.
Un altro caposaldo del suo “sistema”, non meno importante, insito nell’educazione stessa, è stata l’arte del dialogo, della comunicazione, composta di fiducia, di accoglienza, di ascolto e di comprensione, in modo rispettoso, sia con le autorità civili che con i suoi collaboratori, specialmente con i giovani: «amandoli, in modo che conoscono di essere amati».
Per non uscire fuori dal nostro argomento e tentare di rispondere al cuore dell’interrogativo di questa riflessione, in quale maniera è possibile riproporre la sua parola d’ordine?
Si fa presto ad enunciare simili aforismi, l’attuarli costa impegno e sacrificio, specie se si intendono come qualcosa di vaporoso, astratto e senza pratiche. Secondo il pensiero e l’azione del santo torinese, il “binomio” citato si può rivivere nella società e nella chiesa se si forma l’uomo competente e onesto nell’esercizio dei suoi compiti e dei suoi doveri che esprimano un “agire generativo e responsabile”. Educare e liberare, secondo la forma di vita di don Bosco, significa dare un’anima alla vita personale e comunitaria, cioè abilitare uomini e donne generativi e responsabili, che siano fecondi, fertili, in un agire che aiuta a rispondere alle situazioni e alle esigenze degli altri.
Ritornando a quanto abbiamo detto all’inizio, ognuno è irripetibile, la storia non si replica, però si può fare memoria, rifornendo l’avvenire, partecipando al carisma, guardando il mondo e gli altri da generativi e responsabili, per il bene della società e dell’umano.
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