A piedi nudi, senza scarpe e senza calze, a contatto con la terra umile, per sentire il calore, l’intimità, le pietruzze che infastidiscono, la polvere che colora il piedi, i calli che si formano. E se non si può fare a meno, scarpe da trekking, giustamente comode per avventure e affrontare i rischi della vita, e quando li togli, senti l’odore, dopo i chilometri percorsi, delle esperienze vissute, il sudore, la fatica, per vincere la routine di tutti i giorni, contro la vita sedentaria o di chi trascorre la maggior parte del suo tempo al cellulare, seduto, pensando di cambiare il mondo dietro una tastiera.
Ho fatto esperienza della marcia, con le scarpe adatte, zaino e tutto l’occorrente, un ricordo quando nel 2014 partecipai alla marcia francescana verso Assisi. Partimmo dalla Calabria con i frati minori, insieme a ragazzi e ragazze, per approdare alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli, in quella piccola chiesetta tanto cara a Francesco di Assisi. Quella marcia fu un’esperienza fisica e spirituale, “nella vita dello Spirito chi non cammina guadagnando cammina perdendo” diceva sant’Ignazio di Loyola. Avevo provato la fatica, la precarietà, lontano dalle comodità della casa, consapevole di un appuntamento, il Perdono di Assisi, quello che Francesco chiese per tutti i suoi figli, “li voglio tutti in Paradiso”. Il 2 agosto, è festa per la famiglia francescana, è festa per i devoti di san Francesco di Assisi, è festa per tutta la chiesa. In quella chiesetta, si raccontava che di notte gli angeli salivano e scendevano dal cielo, una leggenda che rinviava alla presenza dei monaci benedettini che si alzavano di notte per le lodi.
Sono stato diverse volte nella terra santa di Francesco, si sente ancora il rumore dei suoi passi, il cantico delle creature, le sue prediche, gli stracci del suo saio che cadono per terra, i pianti delle sue preghiere. La Porziuncola è una chiesetta cara a tutta la famiglia francescana, e Francesco si ritirava lì, volle morire lì, e i suoi frati lo sapevano, quando dovevano andare a trovarlo.
Quello che mi dà forza è il senso della marcia, per il Perdono, cammino, cambiamento, conversione, e quando metti i piedi su quella terra, ti senti in un altro mondo. Non è forse così l’esperienza del confessionale? Non è quello che si prova quando si riceve la grazia che rinnova? Ho confessato anche io, e sentivo la gioia di essere stato un mezzo perché gli altri potessero ricevere l’abbondanza dell’amore di Dio. Noi facciamo poca attenzione alle nostre marce, nonostante tutto, siamo viandanti, pellegrini, vagabondiamo, dai luoghi di lavoro a casa, dai viaggi di salute a quelli delle vacanze, ci sono marce e marce, ma c’è una dimensione spirituale, di spostamento, un allenamento spirituale: Come il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali i diversi modi di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutte le affezioni disordinate…. (S. Ignazio di Loyola).
L’umano si è sempre spostato, a noi fa difficoltà vedere tante persone che affollano le nostre coste, tale da farci sentire insicuri, ma la storia è fatta di queste marce, anche se spesso sono disperate, alla ricerca di un futuro. Quando si marcia in un pellegrinaggio, verso un santuario, oppure si va a Messa, o tutt’al più ci si reca in chiesa per la preghiera personale, breve o lungo che sia il cammino, c’è un sforzo, nella quale si celebrano i sensi, il corpo, lo spirito.
Una riflessione che non si adatta a chi ha bisogno dell’automobile per andare nel vicino negozio, o a chi non riesce a fare a meno del suo veicolo per brevi distanze, non gustando tutta una liturgia del camminare. Oggi camminare è in un certo senso trasgressivo, fuori moda, per chi ha smesso di essere curioso, di immaginare e godere la scoperta dell’incontro.
C’è una fenomenologia della marcia, direi che marcio quindi sono, un elogio nella quale si godono panorami, volti, profumi, paesaggi, incontri imprevisti, in cammini di purificazione, di libertà e di guarigione, in quella parte nascosta, che non sentiamo o non vogliamo sentire, la nostra anima.
È la vita stessa una marcia, per il credente quella verso l’incontro definitivo con Dio. Ricordo una preghiera eucologica della liturgia eucaristica, Pregate fratelli e …, perché il sacrificio della chiesa, in questa sosta che la rinfranca nel suo cammino verso la patria del cielo sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Il santo infinitamente piccolo, guardava proprio a questo nella Porziuncola, e quello che compiono tutti i pellegrini nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, essi cantano per riprendere in mano la loro esistenza, di rinvigorire lo spirito, ci si fugge da sé, si esiste, ex-siste, come ricorda l’etimologia del verbo, allontanarsi da un luogo fisico per ritrovarsi con la propria interiorità.
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