Abito l’utopia
Al mio paese, .. ci sono le scuole, quella primaria, quella secondaria di primo e di secondo grado e quest’ultima è intitolata al grande viaggiatore ed esploratore taurianovese, Francesco Gemelli Careri (1648-1724), nei suoi diari racconta particolari e fatti, una personalità molto singolare. È la scuola che ho frequentato da ragazzo, eravamo più di un migliaio, oggi, altri istituti della piana di Gioia Tauro sono andati più avanti, migliorando nell’offerta formativa.
Al mio paese, .. c’è anche l’università telematica, ci sono le associazioni culturali, – presenza a mio parere sporadica e autoreferenziale -, le società sportive, le palestre, eppure la cultura, parola ambigua, manipolata e abusata a proprio piacimento, dovrebbe essere pane quotidiano, proposta formativa prioritaria alle scuole, agli alunni e ai docenti, quale tracce di riflessione per leggere e interpretare la realtà, per essere portatori e costruttori di novità.
Al mio paese, .. sono i gesti che fanno la città, quelli semplici, di amicizia e di educazione civica, di rispetto, di solidarietà, come quando si guida la propria auto o la moto, di come essi vengono parcheggiati, infatti esprimono la maniera come si abita e si vive; se si gettano le carte negli appositi contenitori e la raccolta dei rifiuti osserva le regole relative alla raccolta indifferenziata; come ci si comporta con il cane che fa i bisogni sulla strada. Sono cose semplici che esprimono partecipazione, amicizia, condivisione, di far parte di una comunità, anche se non ci si conosce ma che fanno un buon cittadino.
Al mio paese, .. la politica ha perduto l’arte nobile del termine, i colori dei partiti sono sbiaditi, si strumentalizza per fare i favori all’amico o per un capriccio personale. Da queste parti c’è dilettantismo, linguaggio mediocre, e al paese dell’utopia in cui abito, ci sono i filosofi, perché il filosofo segue una corrente spirituale, ha una disciplina, riflette, immagina e progetta. Scriveva un filosofo che secondo lui la filosofia è un modo di scontrarsi con la pratica.
Al mio paese, …
Al mio paese, ancora regna l’ingiuria, il poeta Giacomo Leopardi diceva che gli uomini si vergognano delle ingiurie che ricevono non di quelle che fanno. Io sogno l’impossibile, abito il paese dell’utopia, un paese in cui non si fanno preferenze, infatti non ci sono le elezioni amministrative, ma regna la democrazia, invece al mio paese dove non regna l’invidia, vizio capitale onnipresente, al paese dell’utopia c’è invece la collaborazione, si promuove l’amicizia, l’arte più importante. Al mio paese c’è una grande confusione tra giustizia e legalità, il cui rischio più pericoloso è che la legalità diventi un idolo, una copertura, infatti tutti parlano e proclamano la legalità, pochi la trasformano in giustizia. La legalità non è un fine, ma è lo strumento per raggiungere la giustizia. Per parlare di legalità e di giustizia è necessario avere un’etica, ma l’argomento diventa complesso, anche se c’è fame di etica e di giustizia, ma al paese dell’utopia si è felici, perchè il filosofo governa la polis con l’arte della ragione.
Ritorno al mio paese, quello dell’utopia, è governato dalla letizia che riporta alla ragione. Non lo posso dire a nessuno dove è questo paese, altrimenti lo saprebbero e non si sa mai. Al paese dell’utopia abbiamo bisogno gli uni degli altri, gli umani, gli alberi, i cani e i gatti, il sole e la pioggia. Mi sento fortunato al paese dell’utopia, si sorride, non ci sono sguardi maligni, curiamo anche questo, ci si prende cura l’uno dell’altro. Concludo, al paese dell’utopia, non c’è passato e futuro, ma un eterno presente.
Ero scettico se scriverlo o meno, sappiate che esiste, ed è dentro ognuno di noi.
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