Ogni anno la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio, è preceduta il 17 dall’appuntamento per la Giornata del dialogo tra Cattolici ed Ebrei, vissuta dalle Chiese che sono in Italia e dalla Comunità ebraica. La Conferenza episcopale italiana nel 1989 ha istituito questa Giornata nello spirito delle indicazioni del Concilio ecumenico Vaticano II. Durante gli anni si sono sviluppate stimolanti opportunità di incontri e di amicizia tra ebrei e cristiani all’insegna del dialogo e della fratellanza.
Nella riflessione reciproca si parte dalla Parola di un passo del profeta Geremia (29,10): “Realizzerò la mia buona promessa”, versetto biblico nella Lettera agli esiliati (Cf. Ger 29,1-23). Una buona pietra per approfondire la conoscenza reciproca nel testo commentato da entrambe le parti, ebraica e cattolica, quale “ascolto” della Parola sia del Popolo della Prima Alleanza sia del Popolo della Nuova Alleanza.
In un tempo di passaggio difficile per l’intera umanità, risuona attuale la Lettera che il profeta Geremia rivolgeva agli esuli, incoraggiandoli a non perdersi d’animo e di perseverare nella speranza. Il dialogo è fatto anche di ascolto perché possa accadere l’incontro, nel riconoscimento della diversità. Per imparare a conoscersi, è giocoforza rimuovere i tanti pregiudizi e le diffidenze che negli anni passati hanno inquinato i rapporti tra i cristiani e gli ebrei, aiutando a comprendere sempre meglio la propria identità confessionale, che nel dialogo e nell’ascolto si arricchisce.
L’identità di ciascuno non si perde nell’incontro con l’altro, essa scaturisce dalle relazioni, dall’insieme delle diversità; noi siamo una “nobile diversità”, contro ogni fondamentalismo e ideologismo, sia esso religioso, etnico, sociale e cultuale. I cristiani e gli ebrei hanno un passato ricco, e per questo il dialogo deve essere fondamentale, per il presente e il futuro. Per i cristiani vale quanto detto da papa Francesco: “Per comprendere se stessi, non possiamo che fare riferimento alle radici ebraiche”, questo non è altro che il prolungamento della teologia dell’abbraccio, “io e noi”, “ponti e non muri”, un discorso trasversale.
Lo abbiamo capito che la sfida è più attuale e urgente che mai?
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