I magi sono un mito? Sono una leggenda ? L’evangelista Matteo è l’unico che ci riporta il viaggio di questi misteriosi personaggi, ormai noti alla tradizione e alla fede popolare, forse troppo folclorizzati. Sono uomini che pensano, si mettono in ricerca, attenti e orientati, cercano dei segni, scrutano il cielo, e si fidano di una stella, un piccolo puntino luminoso che li guida verso una capanna, dove ci sono una donna, un uomo e un bambino e degli animali da mangiatoia. Cosa li anima e li mette in movimento? L’amore. Essi si rivolgono a Erode, agli scribi, ai sacerdoti, perché sono ignoranti su alcune conoscenze, si rivolgono a quelli che potevano dare una spiegazione, ma proprio quelli che scrutavano le Scritture, non sono capaci di leggere che esse parlavano di un segno importante per Israele e per l’umanità.
I magi, – non si sa se siano astronomi, astrologi, maghi, scienziati, sapienti, saggi, forse tutto questo -, si conosce che vengono da lontano, il cielo gli parla, e si lasciano mettere in gioco, e iniziano un cammino. Dopo i pastori, altri si mettono in viaggio, sono in tre, affrontano un lungo percorso, vengono da Oriente, e hanno davanti tante insidie, tra cui Erode che cerca di impedire fino alla violenza, che il Salvatore, la sua venuta, non abbia corso. Nei palazzi del potere, si vogliono uccidere i sogni, circola la voce che un bambino sarà il Messia, il Re senza corona, e tutto ciò causa turbamento, paura, ostilità.
C’è chi non si lascia scuotere dal proprio modo di vivere, rimane fermo nelle proprie convinzioni, si adatta alla routine, mentre i magi vivono questa crisi di ricerca, cioè di giudizio, per andare incontro a questo bambino, che vogliono vedere non per curiosità, ma per adorare, e portano doni, perché di fronte a questo uomo che sarà messaggero di pace, il liberatore, il redentore, la terra davanti al suo Creatore lo omaggia. Cosa causa a noi questa venuta? Indifferenza? Paura? Timore? Ci mettiamo in viaggio? Oppure preferiamo non essere disturbati? Quale Re noi adoriamo? A quale idolo portiamo doni o sacrifici o incensiamo per ottenere profitti e vantaggi personali? I magi si mettono in cammino, attenzione, vengono da lontano, per andare incontro verso una direzione di senso del quale si mettono in gioco, e reimpostano la loro esistenza.
Questa Epifania, è una manifestazione a tutta l’umanità, a tutta la terra, a tutti i popoli, a tutte le genti, del bambino che è il figlio di Dio, è la manifestazione della divinità, e una luce, una stella, indica il luogo, il lume della fede, il lume della ragione. I magi percorrono una strada senza fidarsi di Erode, degli scribi, dei violenti, dei calunniatori, di chi ha rancore, della menzogna, e cambiano strada. I magi non si fermano, proseguono il loro percorso, forti della forza di questa stella. Non si fidano degli uomini, imparano il linguaggio dei segni, il cielo, la stella, e vanno ad adorare il Re bambino, umile e impotente, fragile e nudo, il cui regno, è quello delle beatitudini, della mitezza e della pace, della fraternità e della nonviolenza.
C’è qualcosa di decisivo, per il quale occorre rischiare tutto, dare tutto, e mettersi in viaggio, come i magi, armandosi di pazienza, di speranza, di futuro. Nei magi non c’è superficialità, allora si mettono in discussione cercano la salvezza, prendono sul serio la stella luminosa.
Quale è il messaggio dell’Epifania? Dio, in quell’infante, in quel volto altro, povero, dove c’è tanta indifferenza, una non accoglienza, egli viene, si incarna nella storia, nella cultura e nella lingua di un popolo, in un tempo, che ancora oggi parla, è narrato, è Vivente e Veniente ed è presente in ogni gentilezza, tenerezza, fragilità, nell’amore.
Cosa causa questa venuta in me e in te? Ecco, il più grande peccato che impedisce il Natale del Signore, l’indifferenza,far finta di non vedere, non avere un cuore che batte per l’altro (mancanza di empatia), non aver quella prossimitàimportante in cui io riconosco l’altro e riconoscendo l’altro riconosco me stesso.
L’Epifania ci interroga, interroga la Chiesa, le famiglie, i credenti, e in questa crisi pandemica, crisi di umanità, dove prevale il profitto, l’accumulo, dove il più debole non ha voce, dove il potente tuona minaccioso manipolando le coscienze, dove domina l’idolo del successo, dove è importante raggiungere il traguardo anche cedendo a complicità e compromessi, dove il più fragile rimane indietro perchè non riesce a stare al passo degli altri. Il clima sta diventando rovente, una cultura escludente, altro che inclusiva (sic!) un ritorno dei miti, quello del più forte, della crescita, del bello, del Narciso. L’Epifania è un segno, rinvia a qualcosa di piccolo, di umile, un bambino, un volto povero, vulnerabile, che continua ad ammonirci, a parlarci della pace, quella vera, autentica, nonviolenta, è di accogliere Dio e il suo regno, vivendo ogni giorno la quotidianità come dono e responsabilità.
Lascia una risposta