La Chiesa, tra la pastorale della conservazione e la pastorale missionaria

La Chiesa, tra la pastorale della conservazione e la pastorale missionaria

La Chiesa, tra la pastorale della conservazione e la pastorale missionaria 1024 1024 Vincenzo Leonardo Manuli

Ci vuole più coraggio, più dialogo, più ascolto, e riflettere sulla frase di Papa Francesco: cosa intendeva per “Chiesa in uscita”? Si celebrano tanti riti, le feste comandate, siamo a conoscenza della percentuale della partecipazione a Messa dei fedeli che per tradizione frequentano la domenica, i genitori che chiedono i sacramenti ai figli. Insomma, l’ingranaggio procede, anche se di quelli che ricevono i sacramenti si allontanano. Poi ci sono quelli che chiedono solo il rito, non si sa se per scaramanzia o per superstizione (battesimo, cresima, matrimonio, esequie, benedizioni) e poi scappano via. È finito il cristianesimo sociale, c’è una ritirata, non fanno più presa alcuni riti e messaggi se non per gli adepti più ossequiosi. Per non parlare della fascia degli adolescenti fino ai giovani, 14-50 anni, nemmeno l’ombra nei nostri “recinti ecclesiali”. Per tastare il polso di chi frequenta la vita della parrocchia, bisogna osservare la Messa. Si celebrano tante Messe, feriali, festive, ma l’età dei partecipanti è over 50. Questo ci interroga. Nel prossimo futuro, che è il presente, oggi, quanti cristiani avremo nelle nostre parrocchie? 

C’è l’ambito della religiosità popolare, feste, processioni, portatori, un apparente risveglio, condito di folklore e danze, di fuochi e musiche, ma degli organizzatori dei vari comitati non c’è un interesse della vita ecclesiale, tanto meno ad un cammino di vita spirituale e di conversione.

Noi siamo davanti ad “un’epoca di cambiamento”, dice Papa Francesco, forse facciamo i conti con una cristianità che non c’è più, pensiamo di parlare un linguaggio comprensibile, invece, ci si ferma agli addetti ai lavori, a quei pochi cristiani “convinti” che non si mettono in discussione, che nemmeno ci ascoltano, vivono per  tradizione e per abitudine, senza mettersi in discussione, sentendosi nella scala gerarchia come dei sudditi, tanto ci pensano i pastori, come dei dirigenti, a guidare la baracca.

La Chiesa sembra frammentata nelle diverse pastorali (non sto qui a descrivere quanti settori esistono), l’unica, il centro, è quella della Carità, l’Eucaristia, le raggruppa tutte, e forse non riesce a declinare quella attenzione di Chiesa-Popolo di Dio che camminano insieme, rispettando i tempi del più fragile, “al passo dei tempi”. 

Benedetto XVI parlava del “piccolo gregge” nel libro Introduzione al Cristianesimo (1969), un piccolo resto che testimonia nella fraternità la bella notizia, forse ritorneremo a respirare quella freschezza dei primi cristiani, che vivevano con un cuore solo, mettendo tutto in comune” (cf. At 4,32-37), dove il cuore dell’uno batteva per l’altro. Noi siamo davanti ad un tempo dove mancano i punti di orientamento, le certezze vengono meno, non c’è più un porto sicuro, ma la Chiesa, è ancora una oasi di spiritualità, nonostante la sua storia, la sua saggezza e il patrimonio di fede di duemila anni?

E se questo suo rimpicciolirsi, la cosiddetta “minoranza cristiana”, ad esempio: pochi preti, comunità interparrocchiali, calo dei matrimoni, pochi giovani, è un segno profetico di una testimonianza più autentica e più qualificata? Forse la Chiesa diviene più credibile gettandosi a capofitto nel volontariato, in associazioni no profit, impelagandosi in affari mondani abdicando alla missione di pregare e di indicare la via del Regno di Dio? Quest’ultimo tema è ancora più provocatorio: Cosa c’è dopo la morte? Esiste la vita eterna? C’è il Paradiso?

Forse il coraggio è stato sovrastato dalla paura, dalla perdita d’identità, dall’aver smesso di guardare Gesù Cristo, per non parlare delle celebrazioni sciatte, mescolate al folklore, con tanto di riprese degli smartphone, in cui il presbitero o di chi presiede cede al palcoscenico, con tanto di applausi, divenendo quasi una star e magari ci si aggiunge un po’ di ironia per fare un po’ di captatio benevolentiae.

Penso sia necessario ritornare a fare teologia nelle parrocchie, riprendere le catechesi, senza chiudersi, interessandosi della realtà sociale, del prossimo, ma anche di chi ci sta dentro, questa diviene pastorale, della cultura, dell’incontro, del dialogo verso tutti, facendo scoprire la missione e il cuore della Chiesa, la salvezza. Ecco, un altro tema, ma chi ha a cuore la salvezza dell’anima? Abbiamo un’anima? Che cos’è l’anima? Chi è l’uomo?

Ritorniamo a quanto detto in precedenza, non si tratta di elaborare un pensiero concreto o ricette facili, – siamo pieni di documenti e di convegni -, nemmeno di vivere dei ruoli, di ufficio, di chi si sente il portavoce del divino. Attenzione, non interessa l’erosione del consenso, pensando ai fasti di un tempo in cui la Chiesa, la fede, la religione erano tutto, importa, non tradire l’imperativo evangelico, «Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15 e ss.), senza imposizione e senza fare proselitismo, ma di tirare fuori la risorsa più importante del credente, di fronte ad un tempo che domanda cosa sia la Speranza.

Lascia una risposta

INVIAMI UN MESSAGGIO, TI RISPONDERÒ QUANTO PRIMA.

[contact-form-7 404 "Non trovato"]
Back to top