Gli studi sull’IA iniziano già a metà degli anni ’50, un fenomeno scientifico e a cui dietro c’è un processo storico. Oggi la sua diffusione, il largo impiego, in ogni settore della vita, una abbondante letteratura (libri, studi, documentari, filmografia) mette al centro la rivoluzione digitale nel dibattito scientifico proprio per la sua pervasività. Nel libro de L’algoritmo di Babele (2024), gli autori Andrea Colamedici e Simone Arcagni, narrano i miti e la storia dell’IA, le origini: «iniziata molto prima della sua nascita ufficiale».
Noi siamo al centro di una rivoluzione, l’umano deve avere il controllo, perché questa tecnologia contaminerà in positivo e in negativo tutti gli aspetti della società e dobbiamo convivere giocoforza. Il suo uso trasformerà la società nella sua interezza, ed è prevedibile, fra un decennio, varcando messianismi e apocalissi, entusiasmi e diffidenze, estremismi da evitare, che avrà un aspetto diverso, e già adesso, la rapidità del cambiamento non sappiamo dove ci porterà.
Chiaro è che la nostra vita sarà affiancata dalle macchine, il suo uso, gli investimenti finanziar e tecnologici, le progettazioni, le previsioni, profetizzano una trasformazione che addirittura parla di immortalità: alcuni futurologi, tra questi Ray Kurzweil, fissa una data: 2045. Siamo nell’era del post-umanesimo, del trans-umanesimo, domande, questioni, riflessioni, provocano la teologia nelle diverse ramificazioni, una cyberteologia, a misurarsi sempre di più con questioni culturali inaggirabili e che hanno a che fare col futuro dell’umanità, tra queste, la rivoluzione digitale con tutte le sue implicazioni etiche, filosofico ed antropologiche.
Oggi la teologia è chiamata al dialogo con tutti, in uscita, una fede pensata e pensante per trovare un altro punto di contatto e di interazione con la cultura digitale, come se fosse necessaria una nuova apologetica o forse come se bisognasse rompere con l’attitudine (sottilmente) apologetica e manifestare sincera passione per l’umano e per la sua verità. Anche il fenomeno scientifico, tecnologico e culturale dell’IA tratta di attraversare l’umano “con fede” piuttosto che di condurre l’umano “alla fede”, proprio per la dimensione sociale dell’uomo e della fede medesima.
La teologia in uscita è intesa quale movimento di uscire all’aperto rispetto al contesto ecclesiale e rispetto ai temi tradizionali, non in prospettiva unilaterale (da noi verso la cultura) e non può essere solo nel senso di aggiungere, in appendice, dei temi o anche solo nel senso di esplicitare maggiormente la dimensione sociale della fede. L’IA è anche un fatto culturale, non solo ingegneristico e tecnico. Se la teologia intende continuare a fare cultura, non può non permeare della sua esperienza, saggezza storica, questo spazio, luogo teologico di estensione dell’umano, aumentato, potenziato, ma sempre limitato e fragile, senza dimenticare la sua condizione umana, evitando di aver paura delle innovazioni tecnologiche ma di abitarle. Nell’immaginario collettivo il limite segna sempre una linea terminale o divisoria oltre la quale non si va. Avvertirne il senso porta a prendere coscienza anche del valore positivo che quel tratto di demarcazione può segnalare per sé e per gli altri. Il senso del limite diventa spinta progettuale e creativa per tornare al nocciolo della questione l’uomo, la sua dignità, la sua vocazione, la sua libertà e la sua responsabilità.
L’uomo l’IA l’ha sognata, l’ha pensata, l’ha immaginata, l’ha realizzata, l’ha usata, e gli impatti sulla nostra esistenza non saranno neutri. Come vivremo il reale-virtuale? Che senso avranno le cose, tra l’essere e l’avere, il possesso e il consumo, riflessione che il filosofo Byung-Chul Han si domanda nel libro Come abbiamo smesso di vivere il reale (2023). Si avverte, a partire da questi temi per la teologia e non solo, per la spiritualità, la necessità di aria nuova, di un orizzonte più aperto, di fare un discorso in qualche modo comprensibile a tutti, coscienti che il contesto culturale è sempre meno interessato alle questioni relative a fede-cultura, fede-scienza, fede-ateismo, ecc., che suppongono un previo interesse per la religione cristiana (che non è per niente scontato).
Al centro della teologia, il cuore di tutto, il soggetto, Dio, e l’uomo non è qualcosa di subordinato, perché parlando di Dio si parla dell’uomo e viceversa. L’asse uomo-Dio, pensando ai dibattiti sul post-umanesimo e sul trans-umanesimo, sugli eschata, le ultime cose, la divinizzazione della scienza e della tecnologia provocano la teologia, l’escatologia, una occasione propizia per riprendere a riflettere sulle cose ultime, senza timore e senza superficialità.
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