OTTAVA DI NATALE – SANTA FAMIGLIA – ANNO C – Lc 2,41-52
La festa della Santa Famiglia di Nazareth prolunga la gioia del Natale, una normalissima famiglia a cui non sono risparmiate quelle esperienze amare e drammatiche che attraversano, fino a ferire, la storia di ogni comunione umana. Il vangelo ruota tutto intorno ad una domanda: Perché mi cercavate? La Santa famiglia si presenta come un luogo dove i genitori devono mettersi in una faticosa e lunga ricerca del loro figlio, in un cammino segnato persino dall’angoscia senza peraltro arrivare a capire fino in fondo tutto quello che si sta manifestando nella vita del figlio.
La famiglia
Festa difficile, questa, perché oggi la famiglia sta male, perfino la sua definizione è in crisi: tradizionale, allargata, monoparentale, plurale, di fatto, biologica, affidataria. Alla luce del vangelo la Santa famiglia di Nazareth appare come una comunità di vita aperta al mistero e al disegno di Dio, dove ciascuno sa ascoltare l’altro e formulare le necessarie domande perché nessuna divisione impedisca la crescita di ciascuno in piena libertà. “Normalmente un figlio manifesta in modo molto naturale quello che ha imparato dai genitori, soprattutto quando è piccolo. Possiamo immaginare che questa capacità di sapersi mettere in ascolto e di porre domande il bambino Gesù l’abbia imparata proprio da Maria e da Giuseppe, coloro che si sono messi in ascolto e in dialogo con la volontà di Dio, prima di arrivare a offrire la loro adesione al disegno di salvezza” (R.P.).
Il figlio
Il vangelo oggi ci ricorda le fatiche dell’amore, racconta la storia di un adolescente difficile, di due genitori che non capiscono che cosa ha in testa. Un vangelo ricco di domande: Figlio perché? È la domanda di tante madri, il dolore dei genitori, i figli che non sono una loro proprietà e prendono un’altra strada. “È la stessa domanda che si faranno gli apostoli nel dramma della morte di Gesù: Perché la sofferenza, perché la croce, perché la morte?. La risposta del bambino è spiazzante: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?. Quel bambino ha già le idee chiare sulla sua vita, sul senso della sua esistenza” (G.C.).
I genitori
Nonostante tutto si riparte e si ritorna a Nazareth, luogo della vita ordinaria, Si può crescere in bontà e in saggezza anche legati ai perché inquieti di mio figlio. Si può crescere in virtù e grazia anche sottomessi al dolore di non capire e di non essere capiti. Non siamo sempre comprensibili per l’altro, ma sempre abbracciabili! Dio preferisce la casa al tempio, è nella casa che si impara il vero nome dell’amore, primo e vero catechismo. Il Cristo bambino si sottomette volentieri a questi genitori che rimangono sottomessi alla volontà di Dio, così cresce la vita e l’amore in una famiglia umana, attraverso un amore premuroso che non diventa mai ossessivo, perché è radicato in una robusta e viva speranza.
Nazareth diviene luogo del silenzio adorante, del mistero, che c’è in questa Santa famiglia e in ogni famiglia, la delicatezza per rispettarlo, la tenerezza per capire che ciascuno è chiamato a essere nella volontà del Padre, e con l’umiltà di Giuseppe e di Maria, continuiamo a cercarla e, anche se non comprendiamo, custodiamo la sua Parola e gli chiediamo di capire cosa vuole da noi, dalle nostre famiglie e, con grande semplicità, gli diciamo la nostra disponibilità a fare quello che lui vuole.
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