LA PARROCCHIA, UN DESERTO PER VIVERE LA PASQUA

LA PARROCCHIA, UN DESERTO PER VIVERE LA PASQUA

LA PARROCCHIA, UN DESERTO PER VIVERE LA PASQUA 1600 820 Vincenzo Leonardo Manuli

Vorrei soffermarmi su uno in particolare, il numero 6, e su un capitolo. Il libretto in questione è La Chiesa in preghiera, preparato dai Monaci Certosini. Sono otto capitoli con tanto di prefazione di Papa Francesco, l’Introduzione e la Conclusione150 pagine, le note bibliografiche. La grafica presenta in modo accattivante il testo dal formato tascabile, con la cornice blu, il logo del Giubileo che ha per slogan Pellegrini di speranza, e nel retro una citazione dei monaci:

«La preghiera, anche la più faticosa, arida o distratta, è sempre ascoltata, perché sempre è vivo e presente Colui che ascolta». 

Veniamo al contenuto del testo, molto profondo, scritto da chi ha consacrato la sua vita alla solitudine, al silenzio e alla preghiera, nella Chiesa e in ascolto di quello che succede nel mondo. Vorrei commentare il capitolo sestoIl deserto (pp. 107-113). Il deserto è un luogo arido e inospitale, non frequentato, lontano, ma quanto più vicino a noi di quello che possiamo immaginare. Ci ricorda il deserto attraversato dagli ebrei per raggiungere la Terra Promessa, il deserto dei quaranta giorni di Gesù, quello liturgico che la Chiesa vive nel tempo quaresimale, ma per noi rimane sempre un ideale. La realtà qual è? 

Ho subito pensato in proposito al deserto della parrocchia, al mio cuore, al mondo. Cosa è il deserto? Un «luogo, un luogo abbandonato da cui tutti sono fuggiti, c’è solitudine e l’essere umano sperimenta la vulnerabilità perché rivela la nostra totale impotenza e debolezza» (pp. 107-108). Ho pensato alla parrocchia, al suono delle campane, agli appuntamenti, alla Messa, alla confessioni mancate, spesso è un luogo deserto, dove nessuno vuole andare e dove nessuno vuole restarci. Nonostante tutto, «Lo Spirito attira in questo deserto (p. 108)». Può restarci un prete, un parroco, un vescovo, un religioso? Cosa ci fanno gli abitanti? Ci sono? Può rimanerci un battezzato? E per chi non crede e non ha un Dio a cui rivolgersi?

Nel deserto c’è uno spogliamento, ma anche attrazione, «c’è qualcosa o qualcuno che lo rende affascinante» (p. 109), anche se tutti lo fuggono. Mi domando: cosa può esserci di bello? Non viene nessuno, si fanno chiacchiere, chiedono riti, sguardi giudicanti e minacciosi, vivono come se Dio non esistesse, senza avere la minima consapevolezza del peccato; hanno una immagine di Dio e della fede deformata, a convenienza, diciamo che la situazione non è attraente. 

«C’è un pozzo» (p. 110) in questo deserto, Cristo chiede da bere, e c’è una Chiesa che ha sete. Ci sono uomini e donne che hanno sete? È un paradosso! «C’è un deserto per Dio, l’assenza dell’uomo, il rifiuto dell’uomo a corrispondere al suo amore divino, .. ma Dio continua a desiderare e seduce la Chiesa» (p. 110). C’è anche un deserto per l’uomo senza Dio? Anche in questo deserto Dio parla al cuore, ognuno ha il suo deserto, tuttavia rimanere in questo deserto fa paura, perchè significa confrontarsi anche con i propri demoni: «bestie selvatiche, malvagità, inclinazioni perverse. Nel deserto siamo spogliati di tutto» (p. 110). Non ci sono rumori e frastuoni in questo deserto, regna il silenzio, l’indifferenza, la condanna, non c’è gratificazione, si tira a campare. Dio dov’è? Perché Dio ci attrae nel deserto? 

La parrocchia non è estranea al mondo, è nel mondo e nei suoi sconvolgimenti, non lo fugge, e il mondo vi entra dentro, con tutte le scarpe entra nella parrocchia, e qui, in questo luogo, alla luce del sole, nel deserto, si vedono i peccati, le resistenze, i tradimenti, i rifiuti, le bestemmie, le cattiverie, le vendette. Quante infermità, in questo «ospedale da campo» in cui a richiedere le cure i malati non si rivolgono!!!

Non si prega in questo deserto, per questo sarà sempre arido? È difficile, come si diceva all’inizio, restare nel deserto, nonostante tutto, occorre rimanerci, anche nei luoghi dove sembra esserci movimento, l’uomo porta con sé il deserto, la mancanza di relazioni, l’assenza di autenticità, la mancanza di senso, si fa esperienza del vuoto, l’uomo sfugge, ma bisogna sempre confrontarsi con sé stessi.

Il capitolo così conclude: «Alla fine, tutta la vita di preghiera si riassume e si concentra nel lasciare che Cristo viva in noi la sua vita di lode e di offerta al Padre. Tutto converge nel vivere con lui la sua Pasqua. Nel condividere, adesso nella luminosa oscurità della fede e, dopo la morte, nella luce abbagliante della risurrezione, il silenzio profondo e la solitudine immensa della sua “notte pasquale”».

C’è un affidarsi alla grazia, alla potenza dello Spirito, non bisogna fare altro che lasciare agire Dio in noi, “resistenza e resa“, per usare le parole del teologo luterano e martire Dietrich Bonhoeffer, consapevoli che la preghiera è la nostra povertà e che Dio è sempre presente anche dove meno ce lo aspettiamo.

Lascia una risposta

INVIAMI UN MESSAGGIO, TI RISPONDERÒ QUANTO PRIMA.

[contact-form-7 404 "Non trovato"]
Back to top