XVI TEMPO ORDINARIO (B) Mc 6,30-34
A volte si è portati a pensare l’apostolato, la missione, il servizio all’evangelo, legati ai risultati. Nonostante gli sforzi, l’impegno, la dedizione, quanti fallimenti? Quante delusioni? Diciamoci la verità, è un difficile “mestiere” quello dell’apostolo, e non mancano i momenti di stanchezza, di scoraggiamento. Messe, sacramenti, grest, ritiri spirituali, novene e tridui, pellegrinaggi, processioni, e poi, si raccoglie poco. Perché? Il vangelo ha un’altra logica! San Paolo dirà: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere (1 Cor 3,6).
Prendere le distanze
Dopo i successi apostolici, sopraggiunge la stanchezza. C’è gioia, euforia, ma arriva il momento di riposarsi, di riflettere, di fare una revisione. Questo vangelo rivela che Dio vuole persone felici, non va alla ricerca eroi, e dice: Andiamo a riposarci un po’ per cogliere l’abbraccio del Maestro.
Annunciare stanca
Per ogni mestiere è necessario sostare, per ascoltarsi e ascoltare, prendersi cura di sé stessi. In questo caso, Gesù e i suoi vivono un’esperienza di intimità, di ritiro e di silenzio. È Gesù stesso ad averci mostrato quanto tutto questo sia utile. Scrive Ermes Ronchi: “Farlo con cuore e senza mezzi stanca, anche di più. Abbiamo una malattia tutta cattolica che è quella di essere eroici, di non mostrare mai cedimenti, mai crepe, di essere sempre sul pezzo”.
Compassione
C’è “un’urgenza di compassione”, afferma Luigi Verdi, per “comprendere il dolore dell’altro, e sentire come proprio il bisogno di chi ci sta vicino”. Un tratto umano e divino distintivo di Gesù è la compassione. Compassione per i discepoli, compassione per le pecore senza pastore. La compassione salverà il mondo! È come se Gesù provasse un crampo, uno spasmo dentro, un male allo stomaco. In effetti, è la sensazione di provare dolore per il dolore del mondo, anche delle sofferenze, delle tragedie che oggi viviamo tutti, direttamente e indirettamente. Perché prende con sé i suoi? Occorre imparare a curare lo sguardo, a non renderlo indifferente, abituato allo stress e alla routine di tutti i giorni. Gesù chiama i dodici e affida questo suo “sentimento che dovranno preservare, custodire, salvare. Devono imparare le viscere di Dio, ed è quello che Lui vuole per noi. Se c’è, fra noi, gente che sa ancora provare compassione davanti al dolore dell’uomo e della donna, allora c’è ancora speranza per il mondo” (E. R.).
Il giorno del Signore
Non finisce qui. Gesù si mette a insegnare. Tutti abbiamo bisogno di staccare, di riposare, di ripensare a quello che abbiamo fatto. La domenica, è il tempo del riposo, per avere uno sguardo di gratitudine sulle cose, sulla vita, e fare eucaristia, di ascoltare cosa il Signore vuole dirci con la sua Parola, perché tutto non dipende da noi, ma dipende da come noi viviamo le cose, poi, dopo il riposo, daremo frutti migliori. Pensiamo di essere padroni delle cose, basta un attimo e ci sfugge di mano la situazione, perchè dobbiamo imparare la gratuità.
Signore, siamo precari, di – missionari, pronti con le valigie per andare verso luoghi inediti, persuasi che nulla ci appartiene, pellegrini, viandanti e provvisori.
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