V DOMENICA DI QUARESIMA (Gv 12,20-33)
Tutto proviene da un seme, anche l’universo proviene da un seme, noi proveniamo da un seme, Gesù come seme entra nella terra del mondo, e il seme deve entrare nella logica della fecondità, marcire e morire per produrre frutto. Domenica dopo domenica la Pasqua del Signore e la liturgia sono prossimi all’invito di entrare nel mistero del suo sacrificio con l’insegnamento centrale: amare fino in fondo. Sulla croce il momento più elevato, lì si manifesterà l’amore di Dio, l’amore sino alla fine, il dono del Figlio unigenito.
In Giovanni non ci sono annunci della Passione, ma in maniera nascosta Gesù chiede di andare in profondità nell’amore, e nell’immagine eloquente del chicco di grano, anzi nella legge del chicco di grano spiegherà la sua morte, che sarà disvelata sulla croce: “Gesù intende così preparare i suoi discepoli, che presto lo vedranno appeso alla croce. Li invita a considerare come nel seme la vita nasce dalla morte. Mentre sottrarsi alla morte, porta alla solitudine dell’insensatezza. L’accettazione della morte apre al frutto e apre alla vita. Qui è tutta la logica della croce e ciò che Gesù ha cercato di vivere e annunciare nel suo ministero. E’ così non per banale dolorismo, ma perché non c’è altra via per la vita!” (S. C).
Nel racconto del chicco di grano è inserita una richiesta, i Greci vogliono vedere Gesù. Come mostrare l’invisibile? È nel seme la sua vita, in questa immagine del chicco di grano sotterrato e nascosto che si fa da parte e muore, ed è necessaria questa dinamica per produrre frutto, quello che farà Gesù, per donare la vita piena e in abbondanza: “La dinamica del seme è anche quella dell’uomo adulto. E forse è il motivo per il quale tante persone rimangono adolescenti senza arrivare mai a generare. Diventare adulto infatti significa lasciarsi trasformare dalla vita, significa sapersi mettere da parte, scomparire quando è necessario. L’adulto accetta di entrare in un processo che è irreversibile: quando il seme muore, non può più tornare indietro” (G. P.).
Gesù raccoglie in questa immagine così semplice e feriale il senso di una intera esistenza, a ciascuno di noi spetta seguirlo, andando al di là delle nostre piccole esistenze, partecipare a questo grande amore: “La logica del seme dev’essere anche la logica della chiesa e di ogni comunità credente, chiamata a perdere per ritrovare, a lasciare per riottenere. Nessuno può sfuggire a questo doloroso passaggio: la vita fiorisce solo laddove la si lascia morire, in un abbandono fiducioso e scandaloso allo stesso tempo, che ha come unica garanzia il fatto che Cristo precede, e al discepolo chiede solo di seguirlo” (S. C.).
La storia di Gesù è anche quella di ogni cristiano, chiamato a perdere la sua vita per ritrovarla. La natura invece porta a difenderla e conservarla, ma la sofferenza e ancor di più morire per portare frutto sembrano andare proprio nella direzione opposta della vita. Tutti siamo afferrati dalla paura di essere abbandonati, dimenticati e di affondare in una situazione senza via d’uscita, ma la vita è un paradosso, è l’ossimoro della fede cristiana, del chicco, dell’amore, perdere per ritrovare, morire per risorgere.
Un autore anomino scrive che chi getta semi al vento farà fiorire il cielo, questa è forza di Gesù, la forza della fede, la forza dell’amore.
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