SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA – (ANNO B) – Mc 9,1-9 – 25 febbraio 2024
Dov’è il nostro Tabor? Che cos’è il Tabor?
Ognuno ha i suoi luoghi preferiti, una vetta di montagna per respirare aria buona, presso la riva del mare per contemplare il mare calmo o un tramonto, la pianura, insomma, vi sono luoghi di meditazione e di quiete, di bellezza che incanta, anche in un bosco per abbracciare gli alberi o nel proprio giardino per sentire il profumo di un fiore.
Dov’è il nostro Tabor?
È una domanda importante, profonda: dov’è la bellezza che ci salva e ci trasfigura? Può essere distante tanti chilometri o vicinissimo a noi, anche dentro il nostro cuore, in cui tutto è battito, meraviglia e stupore. Concretezza o utopia, il Tabor esiste, ognuno ha il suo Tabor, dove si svolge la lotta quotidiana, il roveto ardente o il Sinai della rivelazione. Anche il letto dell’ammalato è un Tabor, come la mano del medico che accarezza il paziente, e solo Dio può aiutarci e trasfigurarci per fare esperienza di luce. Il vangelo, buona notizia per la nostra vita, racconta Gesù che si accompagna con i suoi tre amici più intimi, Pietro, Giacomo e Giovanni. Venite con me sul Tabor è l’imperativo divino, un’esperienza indimenticabile, in cui egli si trasfigura, ha un volto illuminato, bello, raggiante, pieno di luce, e ti emoziona perché hai a che fare con Dio. Abbiamo mai fatto esperienza di luce?
Che cos’è il Tabor?
I tre hanno occhi incantati come bambini, dopo la fatica della salita un po’ di quiete, ma dopo, una volta scesi a valle, dovranno affrontare la dura esperienza di accettare il fallimento del Maestro, la sequela della croce. Essi non sanno descrivere cosa sia il Tabor, luce, gioia, bellezza, stupore, sono immersi in un’estasi che rimane nel petto, e servirà per incoraggiare nei momenti di avversità.
Cosa vuol dire il Tabor?
La nostra esistenza è fatta di momenti di buio e di momenti di luce, questi ultimi servono per rimanere aggrappati quando tutto si fa difficile, quando tutto è incomprensibile, quando tutto è contro, quando non ci sono parole per interpretare una realtà dura, ma solo grida e gemiti.
Dentro la nube sul Tabor, la voce del Padre che rincuora: Ascoltatelo! Di nuovo l’imperativo dopo il battesimo nel Giordano, un atto di fede, il ritorno alla parola, la memoria del cuore.
Prima di proseguire verso un altro monte, quello del Golgota, un anticipo di luce, di gioia, che si passa prima dal Getsemani. Posso solo immaginare quanto sarà stato difficile per i discepoli annebbiati dal susseguirsi degli eventi, tentare di capire quello che stava succedendo. Seguire Gesù è qualcosa di veramente e profondamente serio, non basta un atto di fede intellettuale, troppo semplice, c’è il rischio, l’offerta della propria vita, fatta di carne e di sangue, un vero e proprio sacrificio del cuore, una consegna totale e radicale. Dio vuole tutto, e tu sei disposto? Si deve saper stare sul Tabor, per imparare a stare nella valle della ferialità, quella santità ordinaria di cui parlava San Giovanni Paolo II, nell’agone del Getsemani, come anche sul Golgota, per risplendere di luce, polvere di stelle che illuminano i passi della vita.
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