Non si può dare piena compiutezza del corpo: Amore, sessualità, dolore, gioia, piacere, emozioni e sentimenti, malattia, gioventù e vecchiaia, ma chi sono io? Io sono il mio corpo, affermava Gabriel Marcel, non ho un corpo, io sono il mio corpo. Cos’è il mio corpo? Di cosa è formato? Materia e forma, anima e spirito, coscienza e ragione: il nostro corpo ci sfugge da tutte le parti, sostiene lo psicoterapeuta Massimo Recalcati. Quando abbiamo consapevolezza di essere un corpo, non di avere un corpo, in quanto soggetto e non oggetto, facciamo esperienza di un oltre, della dimensione olistica di realtà che ci permettono di comunicare con l’esterno e con la dimensione più profonda di noi stessi.
Abito la realtà attraverso il mio corpo, è tutto dentro di me, ho il mondo attraverso il mio corpo come potenza di questo mondo asserisce Merleau Ponty.
Il corpo è comunicazione, un linguaggio, simbolico e metaforico, la cui cura del corpo a volte può sfociare nella violenza, nel sadismo, tra piercing e tatuaggi, tra diete ed una eccessiva cura di lifting e maquillage; fa parte del mito di Narciso, un amore egolatrico che non è salutare e non fa bene a sé stessi, fino al punto di considerare che il corpo è solo materia, un oggetto di cui disporre liberamente. Il corpo è responsabilità, corporeità, potenzialità e possibilità, una risposta al mondo e a chi ci sta di fronte. Noi entriamo in comunione con una vasta realtà; il Dio cristiano si è incarnato, si è fatto corpo, ragione, realtà, un corpo finito, fatto di limiti e vulnerabilità, un corpo redento, che comunica dall’eternità: prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo.
Il nostro corpo occupa un posto privilegiato nelle relazioni, soprattutto quando è malato, grida, a volte ci manda dei segnali e non ce ne accorgiamo; a volte li mandiamo agli altri; dal nostro corpo parte l’amore, si riceve l’amore, il corpo vissuto come donazione e offerta.
Nella storia della filosofia a partire da Platone, affermava il corpo come tomba dell’anima, e Aristotele si opponeva a questa concezione dualista, il corpo non è una prigione, c’è un legame indissolubile tra l’anima e il corpo. Tommaso sulla scia dello stagirita rimuoverà la dicotomia anima-corpo, l’anima è la finalità del corpo; Cartesio lo ridurrà a qualcosa di meccanico, nella distinzione tra res exstensa e res cogitans, nell’affermazione di cogito ergo sum.
Si avranno risultati nuovi con Nietzsche che rivendicherà l’importanza del corpo, il superuomo, contro la morale cristiana, una morale da schiavi, per finire con Merleau Ponty e Gabriel Marcel, io sono il mio corpo, quale orizzonte di senso, corpo come esser-ne nel mondo, nella vastità di un corpo aperto e inclusivo di un insieme di elementi che hanno a che fare con la vita e il cosmo.
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