Insieme ad un amico, mercoledì 27 dicembre un incontro inedito. Per andare a Gerace si possono scegliere diverse strade: quella più veloce, percorrere la super strada che congiunge Jonio e Tirreno, oppure quella più panoramica e bella, ma più lunga, dove si attraversano valli, colline, montagne, tra alberi, rocce e verde. Abbiamo scelto la via più comoda, e arrivati a Gerace, ci siamo fermati vicino ad una chiesa abbandonata, austera, si affaccia su un terrazzo in cui si ammira il mare Jonio, Locri, Siderno, Gioiosa Jonica. Accanto alla piccola chiesa un eremo, qui risiede Suor Mirella, ha voluto chiamarlo con il titolo Eremo dell’Unità. Incontra diverse persone, scrive le icone, dialoga con il mondo ortodosso ed ebraico, e dietro c’è una storia, un cammino, che l’ha fatta ritornare a Siderno, ricominciare, dopo tante vie percorse, forse la più difficile, ritornare alle origini. Qui siamo nel cuore del monachesimo, dove una volta gli eremiti e i monaci vivevano tra le grotte, e ancora si conservano ruderi, e qualcuno si dedica e si consacra a Dio. E’ certamente una chiamata, Dio ci vuole qui, ad essere seme, segno, in una terra fragile, sismica.
Dio abita questa terra, nascosto nel ventre delle montagne, nelle rocce, nel cuore dell’uomo, e c’è chi fa della solitudine l’incontro, l’offerta, una preghiera. Con Suor Mirella abbiamo parlato di Calabria, di società, di teologia, di ‘ndrangheta, di chiesa, di filosofia, di religioni.
Cosa mi ha colpito? I luoghi, la semplicità, l’ospitalità, e una donna pensante, sì, perché abbiamo parlato della donna in Calabria, della diffidenza del calabrese, della chiesa, della pastorale, della Parola di Dio, e poi ho chiesto un consiglio, ad una donna che è stata fuori ed è rientrata in Calabria, su un mio eventuale lavoro di ricerca sulla donna in Calabria.
Quello che spesso mi domando è: perché restare in Calabria? Cosa c’è di bello qui? E’ una terra misteriosa, magica, con la pesantezza di un passato difficile delle persone, e che oggi fa fatica ad esprime un pensiero, oppure, lo esprime ma è sottoterra, come i monaci e gli eremiti che abitano questa terra, a viverla con amore, ed è questo il nocciolo dello stare in Calabria.
Cosa mi ha insegnato questo incontro inedito? Imparare a guardare, con occhi aperti, senza indifferenza, e imparare l’arte difficile dell’ascolto. Scrive il filosofo e teologo Vito Mancuso, “Occorre imparare ad ascoltare per evolvere, mentre siamo sempre più egoriferiti e sordi agli stimoli. Noi siamo come suoni, ma possiamo diventare musica e per farlo dobbiamo accordarci con gli altri”.
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