Alla luce di alcuni testi scelti, condivido mie riflessioni, pensieri personali che nascono dalla mia esperienza, con spirito critico, un intervallo di tempo in cui mi fermo a pregare e a raccogliere qualche spunto.
Non è raro il caso di persone che mi invitano a essere più diplomatico, più soffice, più carezzante, più cerimonioso. Devo onestamente riconoscere che forse è una grazia l’incontrare per strada chi si incarica di insegnarmi a fare il Vescovo, così Alessandro Maggiolini (1931-2008) si presentava a 360° senza filtri, in un libro autobiografico che ho letto tanti anni fa: Più nulla da difendere (Milano 2008) e mi ha colpito per la sua autenticità e schiettezza. Esistono pastori che fanno ciò che dicono? Quando il Figlio dell’uomo tornerà sulla terra troverà la fede? dirà Gesù (Cf. Lc 18,1-8).
Sono passati quindici anni, il contesto culturale è profondamente cambiato ma la verità non ha tempo. Come un altro libro che ho letto di recente, in realtà raccoglie due testi, uno dell’indimenticabile vescovo di Milano, il card. Carlo Maria Martini (1927-2012) e di Papa Francesco, due testi che parlano del Vescovo. Martini, biblista e pastore riconosciuto e apprezzato anche al di fuori della Chiesa parla non dalla cattedra ma dalla sua esperienza di vescovo: la preghiera, gli impegni, il rapporto con i presbiteri e i diaconi, i credenti e i non, i vizi, le malelingue, la curia, e altro. Al cuore di tutto l’autorità del Vangelo, Martini, esegeta della Parola di Dio evidenzia che il servizio del Vescovo è sottomesso alla Parola di Dio, ricordando anche il suggestivo rito della consacrazione del Vescovo in cui è messo l’evangeliario sopra il suo capo. Papa Francesco, a corredare la bellezza del testo del Martini, parla delle quattro prossimità del Vescovo e poi, perché le parole diventino carne, l’esempio di San Toribio del Mogrevejo, Vescovo della città di Lima (Perù), pastore instancabile con le suole consumate.
Un altro libro che raccoglie gli interventi del card. Angelo Bagnasco, ex presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Pastore dentro (Milano 2022), il titolo evocativo e provocatorio, nel senso buono del termine, pastori in mezzo al gregge, che stanno dentro con sapienza, che ascoltano tutti, prossimi a tutti, ricordando che Gesù Cristo a cui sono configurati sacramentalmente è la Persona a cui occorre portare a tutti.
Infine un altro testo del card. Angelo Scola, Ho scommesso sulla libertà (Milano 2020), che racconta la sua vita, le amicizie, la Chiesa, ricordi, un libro in stile di conversazione in cui si interroga, e il Vangelo, la vera risorsa a cui la Chiesa e i cristiani debbono sempre ritornare per non smarrire la via che porta a Gesù Cristo, cuore e centro della nostra fede.
Sparsi, qua e là, ho letto anche altri testi, di Papa Benedetto XVI, di Papa Francesco, a proposito dell’argomento che riguarda la formazione e la spiritualità del pastore.
Concludo con alcune osservazioni prese dal testo citato di Martini sul Vescovo, un testo formativo, incompleto in quanto non intende essere esaustivo, in cui traccia stile, spiritualità, umanità, comportamenti, fede, missione, relazioni, vizi, ambizioni. Quello che mi piace di questo testo è che il gesuita non presenta il vescovo parlando del ruolo, accennando ai limiti e alle tentazioni in cui può cadere chi si nasconde dietro l’abito talare, la croce pettorale e lo zucchetto rosso, l’autoritarismo, la rigidità, la mancanza di compassione e di misericordia, oltre all’abuso di potere. Al centro il cardinale mette la preghiera e il vangelo, senza questi il rischio incombente è di preferire le scorciatoie invece della via stretta della Parola, rimanendo prigionieri di realtà imperfette che saziano mai, incastrati nei propri limiti, intenti a procurare ferite invece di lenirle, di creare spazi chiusi e di alimentare cordate, piccinerie e meschinerie umane, e di questi uomini ne ho conosciuto qualcuno.
La condizione per ritrovare sè stessi? Se qualcuno vuol venire dietro a me, – dirà Gesù -, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Cf. Lc 9,22-25), che non vuol dire dimenticare sé stesso, ma di avere spalle forti, sorrette dalla forza dello Spirito Santo, grazie alla preghiera, all’umiltà, nel togliersi i sandali dai piedi prima di entrare nella vita dell’altro, perché è terra sacra, uomini che profumano di futuro, uomini e profeti della buona notizia del vangelo, esattamente profumano, come l’olio che il giovedì santo viene benedetto dal vescovo, cartina di tornasole è la vita che deve possedere questo odore nel contatto dentro la vita delle persone.
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