Origini
Un antico adagio dice che con il fuoco non si scherza, esso conserva sempre un mistero, un’aurea di sacralità. Sin dalla notte dei tempi l’uomo sa accendere e maneggiare il fuoco, ha dovuto lottare per dominarlo, ma non in modo assoluto. Lo spettacolo del fuoco fa sempre una profonda impressione, esso attira gli sguardi, stimola il pensiero che si perde nella danza delle fiamme, tuttavia, la molteplice proprietà e funzionalità del fuoco è al cuore della civiltà e chi può controllarlo ha un potere immenso e misterioso.
L’inizio della rivoluzione ecologica si ha nell’età del paleolitico medio e superiore, quando i nostri antenati neanderthaliani, i Cro Magnon e le popolazioni affini, sapevano solo raccoglierlo dagli incendi innescati dai fulmini ma anche produrlo, conservarlo, gestirlo, e questa fu una determinante scoperta per il salto di specie, un processo evolutivo molto significativo.
Miti e religione
Chi sa usare il fuoco ha la capacità di creare e di produrre, ma la forza del fuoco e delle fiamme può anche distruggere, annientare tutto quello che gli capita davanti. Esso ha anche una ricchezza simbolica, di sacro, s’innalza verso il cielo, si narrano miti, la lotta di Prometeo contro gli dèi per dare il fuoco agli uomini. Mediatore tra la realtà terrestre e ultramondana, il mito della fenice, l’elemento fondativo del cosmo, e nella tradizione biblica le teofanie nella colonna di fuoco e nel roveto ardente, e il ruolo distruttrice della Geenna, sono alcuni esempi della molteplice ricchezza del fuoco.
Non si può comprendere l’importanza del fuoco se non si ripercorrono queste tappe per entrare nelle antiche usanze della religiosità popolare, tra folclore e paganesimo, si tramandano falò e fiaccolate nelle ricorrenze dei santi patroni nelle ricorrenze liturgiche.
Tradizioni
Il falò dei luppinazzi nella piazza Macrì, antistante la chiesa dedicata alla Madonna della Montagna o delle Grazie il 29 agosto a Taurianova, perpetua un antico rito, U ‘mbitu, nell’importanza non solo quale invito alla partecipazione alla novena mariana che prepara alla festa religiosa, ma un annuncio. L’evento introduce e perpetua antichi riti di iniziazione, tentativi di rispondere alle inquietudini dell’esistenza, la purificazione dello spazio e del tempo, in un’aggregazione del concorso di tanto popolo, che purtroppo con il tempo ha subito per volontà degli organizzatori incrostazioni con scenari e palcoscenici di passerelle, di strumentalizzazioni politiche, all’insegna del folclore che ne ha svuota il rito dell’essenziale significato dello stesso. Esattamente è l’annuncio che è andato smarrito, quello del vangelo, della novità, di Gesù di Nazareth, il Cristo.
In questo rito ci sono contenuti profondi che invece di annichilire le coscienze andrebbero liberate le responsabilità e la testimonianza di ogni credente, perché quelle fiamme possano ardere e bruciare nella mente e nel cuore di ogni uomo. Così sant’Agostino scriveva: Da qualunque parte giri un oggetto che arde, la sua fiamma non conosce altra direzione che non sia il cielo. Siate dunque infiammati nello spirito e ardete del fuoco della carità, senza lasciarsi ipnotizzare o fermandosi al culto senza impegno, ecco la chiave decisiva di una trasformazione che non si ferma ad una passiva partecipazione.
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