L’ABBRACCIO (1)

L’ABBRACCIO (1)

L’ABBRACCIO (1) 1213 1600 Vincenzo Leonardo Manuli

Osservo sovente il colore azzurro del cielo, le bianche nuvole, un quadro naturale che mi introduce nell’abbraccio degli ulivi, una strada stretta, dissestata, buche, curve, tornanti, rettilinei, qualche mandria di pecore che pascola, cani da guardia e pastori che guidano il gregge. È sempre una poetica immaginazione, immerso nei pensieri, sembra di entrare in un mondo che non frequenta nessuno, una località sconosciuta, dove vivono tante persone. Si scorge qualche trattore, alcuni contadini, prima di fare ingresso in questo villaggio, dove il tempo si è fermato, tutto è uguale, un mondo senza cielo, la montagna davanti, una divinità che sembra vigilare e vegliare sul resto dei suoi abitanti.

Il tempo divora tutto, mentre all’ingresso del paese le case attaccate fra di loro, di cui molte disabitate, fatiscenti, senza scuola, senza un bar, non ci sono canti e musiche, solo qualche rumore di macchina, e ogni tanto si affaccia qualche volto, tra vicoli e stradine, dimenticanze e abbandoni. Sono case ferite dove non abita più nessuno, senza capacità di attrazione, spaesamento, incanto, inquietudine. Le strade per arrivarci non sono diverse, quelle poche che ci sono, abbandonate e sotto il regno dell’incuria. Anche il silenzio bisogna saper ascoltare, interrotto dall’orologio del municipio, e dalla campana della chiesa. L’impressione che hai è quella di disagio, ma quando entri dentro, c’è la storia delle persone, della comunità, un impasto di dolore e di gioia, nel rispetto delle tradizioni e della sua cultura, una realtà che non partorisce niente, i cui lineamenti sono pieni di ferite. Prima di varcare la soglia occorre il rispetto, chiedere il permesso, e l’attenzione del cuore. Mi chiedo: dove sono andati a finire i sogni? Non è un mondo in ordine, ma in mezzo alle crepe e alle fratture c’è dell’oro? Penso alla fuga di chi non ha trovato possibilità, ripenso a chi è rimasto ed è rassegnato.

Prima di raggiungere la chiesa, scelgo la via principale, a volte attraverso qualche vicolo, piccoli spazi, linee  di confine, porte chiuse, finestre chiuse, erbe che spuntano dai marciapiedi, muri scrostati, case modeste, alla ricerca di un centro, la piazza antistante la chiesa con i suoi santi e il suo patrono vigilano e pregano, intercedono presso il cielo perché Dio sia più clemente. Non si può passare dalla meraviglia mentre sali verso la collina, osservando lo spettacolo dell’Aspromonte, quasi come un abbraccio, e dopo un paio di chilometri, un colpo al cuore, con una insegna che indica il nome del paese, all’entrata ma non all’uscita. 

I segni dell’isolamento e dell’immobilità fanno avvertire un lieve capogiro, se non fosse per il sole e il vento che accarezzano il viso, raggi e soffi che scacciano il sentimento di paura di ferite annunciate  dalle case sventrate e abbandonate. Qualche salita, piccole discese, alcune gradinate annerite dal tempo e rinverdite dal muschio fresco, un mondo crudo e realistico, gettato nell’abitudine di tutti i giorni dove si assiste l’incontenibile dissolvimento del viaggio, di andate senza ritorni, tra morti e abbandoni. I diversi rioni indicano il corpo del paese, una comunità frantumata e in dissolvimento, segnata da una economia primitiva, un paese a rischio di scomparire, dove si pone il problema della democrazia e della legalità. I pochi restanti, sono simbolo di resistenza e di tenacia, un fascino misterioso, una sorta di magia, di luoghi carichi di memoria ormai desacralizzati, in cui piano piano la natura si prende i suoi spazi, erbe rampicanti e cespugli che s’impongono sulle case cadenti.

Nei tempi importanti, nelle feste dei patroni, ritornano, ripensando all’esodo doloroso, e si ricongiungono a qualche familiare rimasto o per commemorare i defunti. Se ne sono andati, ma il paese se lo sono portati dentro, perché restare in questi villaggi è l’esercizio più spaesante, di macerie e di rovine, come scendere nel baratro, un quaderno di appunti e un diario di bordo per annotare durante il viaggio incontri, volti, storie, e iniziare una avventura dove si può solo imparare.

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