Sono frequenti gli episodi in cui i simboli religiosi sono attaccati e dileggiati, ma che riverenza c’è all’interno degli stessi credenti? Che rispetto hanno gli stessi quando la vita non è coerente al credo professato? Davanti a questi episodi che sanno di delinquenza non bisogna ridurre la discussione al puro moralismo. Quali sono i comportamenti veri e autentici da tenere nella relazione con il divino mediato da segni e da simboli materiali? Oramai assistiamo ad atti violenti contro segni e simboli di qualunque genere essi siano, sintomo di una insofferenza ma anche di una aggressività che mira a scagliarsi verso aspetti istituzionali e soprattutto laddove si condivide la vita pubblica. Quale messaggio gli autori del gesto insano intendono dare alla società, ai credenti e ai responsabili religiosi? Forse le panchine pubbliche hanno lo stesso trattamento? Il verde pubblico? Le strade? I cestini dei rifiuti? Occorre rimanere silenti? E la società civile cosa dice? Certo, non c’è paragone con il simbolo religioso, non si può mettere sullo stesso livello, esso rappresenta un riferimento importante per i credenti, e una volta anche i non credenti lo rispettavano, avevano una forma di timore, quel senso di sacro scomparso nella secolarizzazione e scristianizzazione imperante. Un credente l’avrebbe fatto? Automatica è la risposta ma bisogna esaminare altre prospettive. Non è l’intento di questa riflessione.
Adesso ci sono gli indifferenti, gli a-religiosi o gli a-sociali, gli a-morali, e non ci sono classi di età. Quando si colpisce un simbolo pubblico, qualunque esso sia, la bandiera di una nazione, il monumento ai caduti, una fontana pubblica, ad esempio, si colpisce tutta la comunità, la fede, i sentimenti, la passione, la storia. È un grido di allarme, un gesto che va ascoltato e capito (ma non accettato) nella profondità della sua reazione, del malessere che vi abita dentro, a cui la prima ed immediata risposta è quella emotiva, dello scandalo, dell’indignazione, ma lascia il tempo che trova se non c’è una risposta intelligente.
Un aspetto su cui occorre riflettere è quello della custodia, ogni bene pubblico, anche religioso, sportivo, ci è stato affidato, alle nostre cure, ed è la responsabilità la prova della maturità e della coscienza civile. Il problema educativo è ormai noto, le scuole non se la passano meglio, le famiglie sono assenti, i media e internet sono una bolgia, nelle fasce più giovani e meno giovani, ognuno è interpellato, al senso di custodia, di protezione, di valorizzazione. Famiglia, scuola, associazioni di volontariato, laiche e religiose, sport, chiesa, mancano di una visione collaborativa per affrontare e prevenire fenomeni di violenza. La società è liquida, affermava il noto sociologo Bauman, mancano i punti di riferimento, i valori sono altri e le nuove generazioni si distaccano da quanto gli adulti gli hanno imposto. Occorre una rilettura e rielaborazione culturale perchè ci sono passaggi difficili e complessi per scrivere una nuova storia.
La vita stessa è soggetta a custodia, ma non tutti la pensano allo stesso modo, il rispetto delle opinioni o del credo religioso indica anche una certa tolleranza per una convivenza pacifica. Occorre considerare che sono tanti i gesti sacrileghi che offendono la vita umana e la convivenza civile, l’emarginazione degli anziani e dei poveri, dei più fragili, la politica che non allevia i disagi dell’utenza nell’ambito della sanità. L’attacco ad un simbolo religioso coinvolge in una dinamica più ampia della riflessione, e senza custodia non si va da nessuna parte, è quell’interesse verso l’altro e le cose, altrimenti si alimentano mondi sommersi che compiono atti aggressivi e violenti e il significato è molto più profondo della loro esternazione.
A Taurianova è buona abitudine nelle festività natalizie preparare nella piazza centrale del paese il presepe, e non è la prima volta che la rappresentazione della natività è offesa e deturpata. Tanti si fermano, per una preghiera, a fare una foto, altri passano con indifferenza, e altri ancora sono provocati da quella immagine che non dice nulla alla loro sensibilità e non avvertono il senso di custodia. Il fenomeno si ripeterà, e si eleverà sempre una voce di indignazione ma questo non sarà sufficiente per far cambiare strada, una deriva morale e culturale, un segno che deve far interrogare, non per condannare, ma per aiutare chi ha scelto un’altra forma di dialogo, sempre di una comunicazione si tratta anche se non rientra nei canoni civili ed educati.
Quel simulacro, il bambinello, rappresenta per i credenti la vita, la speranza, l’amore, la pace, e non penso che un gesto di follia intenda rifiutare valori che non offendo la vita e sono nella loro profondità vita nel vero senso della parola.
Manca nella sua realtà più profonda la custodia, di conseguenza vengono meno la prossimità, il rispetto, la condivisione, l’interesse, la cura, e chi non si sente parte di una comunità, colpisce i suoi totem, i simboli, si schiera dall’altra parte, non è d’accordo con il sistema, è una decisione forte e irragionevole, una follia che chiede ascolto, se la società nei suoi responsabili istituzionali non si fa promotrice di spazi di condivisione e di solidarietà, di dialogo e di riflessione.
Dove è finito il senso della custodia? Affermava Sant’Agostino, Svegliati uomo, per te Dio si è fatto uomo!
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