Ci affatichiamo a trovare risposte alle domande, il tempo corre, e fermarsi è d’obbligo, perché Dio ci sta dicendo di accettare il mistero della vita e della morte. Nel calendario liturgico ci sono domeniche, feste e appuntamenti che ci invitano a riflettere.
Cosa c’è dopo la morte? Che cos’è la santità?
Quello della morte è un interrogativo pieno di enigmi e povero di risposte, solo la fede aiuta ad affrontare questo passaggio obbligato. Nella nostra carta d’identità è riportato il luogo e la data di nascita, la residenza, la statura, il colore degli occhi, ma non è indicata la data della morte, perché nessuno la conosce. La santità ci appare lontana, perché forse si è abituati a guardare le statue che veneriamo in maniera statica. Questi due appuntamenti sono strettamente collegati, dalla contemplazione dei santi alla commemorazione dei defunti, raccontano però una realtà unica, con le dovute differenze: la vita eterna. Per alcuni c’è il raggiungimento della pienezza della vocazione, contemplare il volto di Dio; per altri, prosegue la purificazione per essere accolti tra le braccia misericordiose di Dio. La Chiesa invita a pregare per i defunti, a pregare per i vivi, a fare della preghiera una quotidiana e buona abitudine, specialmente per chi ci ha preceduto, perché possano ricevere l’abbraccio di misericordia di Dio Padre; l’esortazione della Chiesa è di guardare ai santi, uomini e donne, anche quelli della porta accanto che godono della visione beata di Dio, sono compagni e amici che ci incoraggiano sulla via dell’amore.
Cosa ci attende dopo?
Quello che abbiamo cercato durante la nostra vita, alimentato dalla preghiera e dal desiderio della pienezza dell’amore. I santi sono quella moltitudine che attraverso le prove della vita e la testimonianza, hanno perseverato in Cristo, hanno assunto il progetto di Dio nella loro vita, le beatitudini evangeliche, ed essi ci proteggono e intercedono per noi.
Nella comunione dei santi si inserisce anche quella con i defunti, una comunione di amore, rafforzata dalla pietà popolare che ha sempre riservato un culto, dalla sepoltura alle preghiere, dalle opere di carità all’ornamento delle cappelle e delle cripte con fiori e lumini, nella speranza della risurrezione finale.
Dove sono i nostri defunti?
«Chi è amato non conosce morte, perché l’amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina. Chi ama non conosce morte, perché l’amore fa rinascere la vita nella divinità». Emily Dickinson
La santità accende tanta immaginazione, il nostro linguaggio è povero, tuttavia chi ha vissuto nell’amore vive già la santità, una esistenza immersa nella gratuità. «La santità è il sogno di Dio sull’umanità, su ciascuno di noi, sogno-progetto a cui Dio non ha mai rinunciato. E questo sogno non riguarda soltanto un aspetto della vita morale (noi l’abbiamo legato soltanto alla sfera sessuale), ma riguarda tutta l’esistenza: se ciò che vivo, ciò che penso, ciò che sento è secondo l’amore, è secondo il desiderio di Dio. Essere santi, ossia passare continuamente dalla paura alla fiducia, dalla solitudine alla relazione, dal sospetto all’affidamento, non accade per chissà quale nostro sforzo ma perché continuiamo a fidarci di ciò che Dio propone senza dar retta alla paura che vorrebbe farci prendere le distanze da lui» (A. S.).
A noi può pesare la morte di una persona cara che non c’è più, ma quando si ama, niente impedisce di parlare, si supera ogni distanza, tantomeno parlare con i santi, perché l’amore non divide ma unisce, e niente può mai togliere la parola della preghiera, una rivoluzione e una forza che cambia i cuori.
Lascia una risposta