«Lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future». (Gino Strada)
“Raccontate, raccontate la Calabria”, non ricordo chi lo diceva, interpreto questo pensiero per tentare di spezzare un immaginario di giudizi e pregiudizi, di simboli e di sentenze. Prima di me, grandi e dimenticati autori calabresi raccontavano le condizioni povere di questa terra, Alvaro, Seminara, Repaci, Strati, quanto per fare un nome, autori purtroppo non studiati nelle scuole perché si è imposta una direzione di dimenticanza della storia calabrese. È necessario raccontare tutto, anche le tante e buone fioriture nel campo di grano insieme alla zizzania. Il compito fondamentale è di svegliare e formare le coscienze, senza pusillanimità, liberarle ad un pensiero critico e sovversivo, non è un paradiso la Calabria, ma una terra selvaggia e amara, arcaica e magica.
Eccomi di nuovo a scrivere sulla “mancata processione religiosa”, archiviato questo passaggio di “amarezza”, a pochi giorni della festa alla Madonna degli Afflitti, il 17 settembre scorso, però prima voglio fermarmi a contemplare il cielo, la stagione dell’estate che se ne va senza rumore, e l’autunno che incalza, arriva con i suoi colori e le sue nostalgie, con i suoi frutti e il vento che spazza le foglie che cadono dagli alberi. A San Procopio ci si vede solo per la Messa, quando c’è qualche evento religioso, poi è difficile incontrarsi. È chiaro che il fattore religioso è un elemento umano, culturale e sociale, perché non esiste altro, non ci sono scuole, non ci sono campi di calcio, non c’è un oratorio, non esistono altre attrazioni, è un piccolo paesino, figuriamoci una biblioteca, e le strade per arrivarci o passarci come transito, sono dissestate.
Apro una pagina della Bibbia, il sacro testo cristiano, e vado a vedere nel vangelo la chiamata di Gesù a Matteo che gli dice “Seguimi!”, un imperativo, e poi aggiunge una frase “non sono venuto per i giusti ma per i peccatori”. La chiesa è l’unico presidio in questo piccolo paesino, quelle poche attività che si possono svolgere si tenta di coinvolgere e accompagnare i fedeli, tenendo presente le tante problematiche, e senza nasconderci dietro un dito, anche qui ci sono influenze malavitose, come del resto nella piana di Gioia Tauro. Le buone fioriture sono le famiglie che lavorano, che tirano a campare e fanno sacrifici, e poi c’è purtroppo chi ha scelto vie inique. Ci si conosce tutti, parentele, amicizie, frequentazioni, 490 anime, un piccolo comune – come si diceva -, che esiste ed ha diritto di esistere.
Io non presenterò più domandine, carte e documentazioni alle autorità di pubblica sicurezza per le processioni religiose, sono stato avvisato un giorno prima (sic!!) per la processione della Madonna degli Afflitti dell’impedimento di alcuni portatori a portare la statua in processione, se non cambieranno alcuni passaggi, – capisco che i fedeli saranno privati di una manifestazione religiosa, espressione di fede -, tuttavia da queste parti l’atteggiamento ben disegnato e repressivo delle autorità militari e di pubblica sicurezza, non aiuta a percorsi di avvicinamento, di confronto e di dialogo. Alcune volte manca un certa eleganza istituzionale. Il sacro non va strumentalizzato da nessuno, ribadisco da nessuno, e di mezzo ci vanno i devoti, i semplici, chi vorrebbe intraprendere un percorso di conversione, e chi pur non avendo legami con la delinquenza si sente marchiato. Chi ha un legame con la criminalità o delle pendenze giudiziarie, i figli devono essere esclusi ed etichettati?
L’attenzione in questi ultimi decenni dei media e su alcuni inchini “presunti” nelle processioni religiose, hanno creato un’aggressione alla chiesa locale, ai fedeli e alla società. Se diversi passi avanti sono stati fatti dalle chiese, vedere ovunque la mafia o infiltrazioni della ‘ndrangheta è una forma di terrorismo psicologico a cui non siamo abituati e non ci abitueremo. L’informazione deve essere autentica, una informazione vera. Un giornalista affermava che “la criminalità, la corruzione, non si combattono con i carabinieri. Le persone per scegliere devono sapere, devono conoscere i fatti. E allora quello che un giornalista dovrebbe fare è questo, informare”, lo scriveva Giancarlo Siani (19.9.1959- 23.9.1985), giornalista pubblicista ucciso dalla camorra per le sue inchieste. Spesso non è stato così, ma si è offerta una realtà distorta. Io qui intendo informare, raccontare e soprattutto vorrei far capire a tanti che “si gioca con i fanti ma non si scherza con i santi”, diceva un antico adagio.
Cosa aspettiamo a creare un tavolo di concertazione, tra autorità di pubblica sicurezza, società civile e istituzioni ecclesiali? Cosa aspettiamo per avviare nuovi processi non dettati dalla paura e dal pregiudizio? Cosa aspettiamo per ascoltare le esigenze di questo territorio? Noi intendiamo allontanare chi ha scelto una via di male, desideriamo riportarli sulle strade della giustizia, del bene, ma non con l’imposizione della forza, altrimenti alla fine congeliamo le persone e i paesi nei “santi pregiudizi”, se non si pensa sul serio, che qualcuno possa cambiare.
Ritorno al brano evangelico, a Gesù non gli importa l’ombra del giudizio e nello sguardo del Maestro si avvicina al banco delle imposte presieduto dal pubblico peccatore Matteo, e sorridendo, gli ha chiesto di lasciare tutto. Matteo ha imparato la misericordia che lo ha scardinato dalle sue certezze, al punto da radunare tutti i suoi colleghi per far loro conoscere colui che lo ha amato. Si tratta di cambiare prospettiva e tessere relazioni di comunione.
La comunità di San Procopio (sono parroco da circa tre mesi) non è un blocco monolitico, non tutti vivono la fede religiosa allo stesso modo, ci sono i bambini, ragazzi, adulti, gli ammalati, i vecchi, coloro che la vita ha messo all’angolo e che necessitano di una spinta per riprendere il cammino. Un prete, una catechista, la chiesa, hanno questa missione di andare verso tutti, ma ogni qualvolta qualcuno si arroga il potere di calpestare i diritti di un altro, ne sta violando la dignità.
A me il vangelo mi martella il cuore, chi non si ritiene sano cerca una cura, un orientamento, e se non c’è qualcuno che li guarda, ritenendoli capaci di alzarsi, la loro vita è perduta. Dio non vuole che si perda nessuno dei suoi, e il Pastore va alla ricerca della pecora perduta.
È un passaggio importante questo, di consapevolezza, di coscienza critica, non mi rassegno, credo che ogni istituzione nella sua competenza e vocazione possa collaborare per il bene di tutti, al fine che non prevalgano la paura o i pregiudizi, che si dialoghi in un confronto autentico e serio, per gridare no alla mafia, no a qualsiasi forma di ingiustizia, no a qualsiasi sopruso nei confronti dell’uomo e della terra, sono peccati che gridano davanti al volto di Dio!
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