Parlare di Maria non è semplice, perché come personaggio storico non sappiamo nulla, tranne il nome. Una donna devota e fedele osservante, ebrea, Miryam di Nazareth, di un piccolo villaggio della Galilea, il cui nome di valenze polisemiche, ci giunge grazie ai vangeli di Matteo e di Luca. Volendo ricuperare Maria nella sua concretezza è impossibile, possiamo collocarla nel contesto della sua ebraicità, Miryam, inserita nel suo popolo, in un sistema economico e sociale, sposata a un artigiano, Giuseppe di Nazareth, la Madre di Gesù. Ha influenzato le arti, la poesia e la musica, la spiritualità e la letteratura, quindi l’importanza non può essere trascurata, di donna che viene dall’Alto, delle altezze Maroh, o Moreh, la prima pioggia stagionale, pioggia di grazie. In più Miryam era un nome che veniva dato alle bambine nate da genitori anziani, e i genitori di Miryam, Gioacchino e Anna secondo il protovangelo apocrifo di Giacomo, apocrifo, appartenevano a questa categoria.
Nomen omen, Miryam, Stella del Mare, Goccia del mare, Graziosa, Amata (Mar, amata/amante + Yam, Yahvè, amata da Dio, di origine egizia-ebraica), Principessa, sono alcune traduzioni del nome, e per gli amanti del significato del nome, della sua etimologia, Mar-yam, (M + Or, luce, Yam, mare di grazie). Un nome che secondo alcuni ha anche una derivazione egiziana, la sorella di Mosè, Miryam, la cui origine più probabile è dall’egiziano, Meryt – Amon, amata da Amon il dio di Tebe, la grande sposa reale del faraone, un nome che veniva dato alla sposa del faraone.
Una storia vera quella di Miryam, benedetta e di luce, l’Astro in cui la chiesa dedica una festa per il suo nome, il 12 settembre, alla Madre di Cristo che lo ha generato alla vita. Nella tradizione ebraica il nome ha un significato importante, esprime i tratti speciali di una persona, la missione, una preghiera, e chi ne porta il nome realizza il messaggio che contiene. Shalòm lekhà Miryam, così l’avrà salutata tante volte Giuseppe, ed esplorare il nome vuol dire penetrare nel tessuto umano ed esistenziale di questa donna coraggiosa, di fede, nella quale Dio ci ha rivolto una parola di grazia e ci ha chiamati con lei al discepolato: “Conta di più ed è più gioioso per Maria essere stata discepola di Cristo che Madre di Cristo”, afferma Agostino, infatti Miryam è la prima e la più perfetta seguace di Cristo.
Per conoscere la Miryam ebrea occorre andare al Gesù ebreo, di questa donna dal vissuto profondo, costituito da timori, speranze, sogni, realtà, di donna che non aveva paura di fare domande, persona generosa e gioiosa, profuga, piena di aspettative, ospitale e di fede, donna di speranza e di amore. Se a volte la spiritualità o la religiosità popolare l’hanno relegata ad una statuina del presepe o ad un santino, incastonata nella sua nicchia, questo ha portato ad un allontanamento di una donna figlia del suo popolo, tanto cara a Dio, che ha sperimentato gioia e dolore, scoraggiamento e speranza, tuttavia non ci si può soffermare solo alla celebrazione della devozione. Miryam rimane un nervo scoperto nella teologia, a fronte di esagerazioni pur radicate nella pietas filiale verso la Madre del Signore, è chiaro che il culto e la devozione hanno bisogno contro tante superficialità di una consistenza di pensiero al servizio della verità cristiana, nell’intreccio all’esperienza emotiva del credente la maturazione di un processo di discepolato nella prossimità e vicinanza dell’esperienza di Miryam di Nazareth, per poter accedere e comprendere la sua persona e la sua missione.
Afferma Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, (l’arsenale di pace a Torino), “Ho sempre un rosario tra le mani, è come tenere per mano la Madonna e attraversare la vita con lei”; in questa esperienza di intimità, si distende l’apertura della propria vita di relazione e di atteggiamento di fede nei gesti concreti e percepibili dell’amore speciale alla beata Madre di Dio. Accanto alla vera devozione, la via idonea, creativa e lucida, per comprendere meglio la sua persona, la missione, si qualifica nella potenza ermeneutica e simbolica del vissuto virtuoso e di prossimità di Miryam di Nazareth, la cui condizione fondamentale è l’integrazione di conoscenza, azione ed emozione, che fa convergere tutti i credenti, nella coscienza cristiana della dinamica di salvezza di Miryam, donna ebrea e Madre di Cristo.
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