LA FOLLIA della CROCE nel XV …

LA FOLLIA della CROCE nel XV …

LA FOLLIA della CROCE nel XV … 1213 1600 Vincenzo Leonardo Manuli

Riflessione nel quindicesimo di ordinazione presbiterale 26.08.2022

Sono quindici anni, e giocando (sul serio) a interpretare biblicamente questo numero nella mia esistenza sacerdotale, vedo nel numero dieci la provocazione sfidante del vangelo di oggi: le dieci vergini (Cfr. Mt 25, 1-13), divise in cinque sagge e cinque stolte. La liturgia non parla di noi, ma del Signore Gesù, è Lui lo Sposo, e la Parola infiamma e parla a ciascuno e a ciascuna di noi. Il brano è preceduto dall’avvertimento a vegliare e vigilare, esse rappresentano l’umanità in attesa dello Sposo, a cui segue il prendere parte alla sua gioiaTutte si assopiscono, tra l’indolenza, la stanchezza e la sfiducia, e mentre l’olio della lampada sta per terminare, alcune sono state previdenti: hanno con sé le riserve. Questa parabola mi fa venire in mente quella divisione che a volte abita dentro. Da un lato c’è chi fa scorta di olio e vive con saggezza l’attesa; dall’altro, c’è chi si stanca, ed è preso dall’indifferenza. Quando si mette da parte l’umiltà, ci si affida alla propria intelligenza, pensando che lo Sposo non ritornerà, oppure presumendo di sapere più del Maestro, come Pietro che voleva mettersi di traverso, ed è Gesù a ricordarci che la sola via per la vita è la croce. Il numero dieci è un numero che fa riferimento alla memoria, al ricordo. Lo Sposo ritornerà ma ci troverà svegli? Al numero cinque, vorrei associare i cinque talenti, cinque è un numero indefinito nella Bibbia. Ecco, questa sera, nel rinnovare il mio sì al Signore, Lui mi invita a fare memoria dei talenti, un giorno lo Sposo ritornerà e io dovrò restituirli, perché tutto è un dono suo.

1. Dopo questa escursione nella matematica biblica (ghematria), questa sera proverò a mettere assieme alcuni punti, senza la pretesa di spiegare il dono e il mistero del sacerdozio. Non posso che essere grato alla fedeltà del Signore, e pensare alla mia famiglia, alle persone incontrate, ai volti, alle diverse comunità che in questi anni sono passate nella mia vita, a chi non c’è più, e fare memento nella Santa Messa in comunione con i defunti il mio parroco, un mio amico di ordinazione e il vescovo che mi ha ordinato. Penso anche a questa nuova comunità, nella quale ho il compito di servire e rendere presente Gesù Cristo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti e nell’Eucaristia, nei gesti e nelle azioni del ministero pastorale, con i miei pregi e i miei limiti.

Ogni volta che celebro la liturgia sento mie le parole di Francesco di Assisi: 

Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre [FF 221] .

Voglio condividere questa preghiera di Francesco perchè io e nessuno di noi, si stanchi dello stupore eucaristico. Tutti possiamo essere presi dall’apátheia, dall’indifferenza; lo chiedo sempre, perché il ministero può scadere nell’abitudine, tra distrazioni, pensieri e preoccupazioni ordinarie che nulla hanno a che fare con la celebrazione. 

2. L’Eucaristia è la sintesi di una esistenza sacerdotale, il prete sente quella voce che Paolo amava ripetere, mi ha amato, ha dato se stesso per me, è questa intimità a cui tutti siamo chiamati ad entrare in un dinamismo dove si accoglie sponsalmente la realtà della croce nella nostra vita. Passano spesso dentro di me parole che mi fanno riflettere, sentendo il peso della croce e della predicazione, certo che si predica con la vita, con la stoltezza della predicazione e non con la sublimità di parola o con la sapienza del mondo. Seguire Cristo non vuol dire essere al riparo da insidie, difficoltà, tentazioni, e giorno dopo giorno si fa esperienza della grazia e della fedeltà di Cristo. Egli è morto anche per me. “Nella croce, quindi, si è manifestato l’amore gratuito e misericordioso di Dio” (J. R.), l’amore passa sempre attraverso il logos della croce, anche nei fallimenti, nelle sconfitte, e guardando la mia vita, in questi quindici anni, Dio si serve di modi e strumenti che a noi sembrano a prima vista solo debolezza, proprio lì c’è tutta la potenza dell’Amore. Attraverso queste feritoieGesù mi guarda, ed è in questa debolezza che l’amore si rivela. Feritoie sono tutte quei vuoti che riconducono alla croce, punto focale del discepolo, vera potenza di Dio. 

3. Quando entrava in una chiesa, Francesco pregava e chiedeva ai suoi frati di recitare questa preghiera: 

Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero 
e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

La croce entra in ogni fibra della nostra esistenza, è la nostra redenzione, noi siamo stati redenti, liberati per la libertà, anche se non pienamente consapevoli di questa energia spirituale. Quando accettiamo la croce, pur con le nostre paure, i nostri tentennamenti e ragionamenti umani, la sequela si giustifica nel dono della vita, e accogliamo la possibilità che l’ultima parola spetta a Dio.

Chiedo e prego Dio in questa giornata con le parole di Francesco di Assisi:

Affinchè, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del suo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo.

(FF 233)

Così sia.

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