STARE IN CAMMINO … UNA NUOVA COMUNITÀ

STARE IN CAMMINO … UNA NUOVA COMUNITÀ

STARE IN CAMMINO … UNA NUOVA COMUNITÀ 1213 1600 Vincenzo Leonardo Manuli

Sono passati circa quindici anni e aggiungerei ancora altri, tra i questi i tempi del seminario, gli anni studi teologici e di dottorato, anni di approfondimento, di quel “partire”, sempre in esodo, nell’ascolto della “chiamata”, in un viaggio, sostenuto dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Non esistono punti di approdo, si è sempre in cammino, verso strade nuove, inedite, impreviste. Se il viaggio fisico forse è quello più semplice e sempre con le sue fatiche, quello interiore e spirituale, è più complesso, una battaglia dentro la profondità e negli abissi nella quale tutto si mette in discussione, abbandonando certezze e spiegazioni, lottando contro idoli e tentazioni.

In questo viaggio, – ribadisco -, sono stati sempre la fede, la speranza e la carità, ad essere la mia forza, mai compresi pienamente, anzi incomprensibili, e che continuano ad essere la mia forza, anche nella nuova responsabilità, di parroco, pastore, guida, prete e uomo, fratello, in mezzo ad un popolo. Senza pretese e con umiltà, sposo le parole di sant’Agostino, per voi sono pastore, con voi sono cristiano, in una piccola comunità, di circa 400 anime e persone, a San Procopio, in mezzo alla coreografia vivace degli ulivi, nelle viscere della piana di Gioia Tauro. 

Quando si inizia una nuova esperienza, sono tante le aspettative, i sogni, le speranze, con la maturità e con qualche capello in meno, anzi, con tanti capelli bianchi, nonostante si è sempre in viaggio, si cammina di più con i piedi per terra, senza smettere di contemplare «il mistero e cioè, di rimanere aperti a qualcosa che è più grande di noi» (L. M. Epicoco, Sale non miele, 2017). La nostra identità è quella di essere sale della terra, nella consapevolezza di essere in viaggio e in missione, anche in un piccolo villaggio, nella quale i vangeli offrono tanti esempi, a partire da Nazareth. San Procopio martire è il patrono della parrocchia di questa piccola comunità, un santo originario della Palestina, a cui gli abitanti del luogo sono affezionati. Non solo, altre due chiese succursali, una dedicata alla Madonna degli afflitti e un’altra alla Madonna del Rosario di Pompei, alla quale si aggiungono altre devozioni, San Giuseppe, San BiagioSan Rocco, mostrano una fede popolare legata alle tradizioni e ad una religiosità che ha mantenuto unito questo popolo e mantenendolo legato alla fede cristiana. C’è in tutto questo la bellezza della santità, vissuta nelle forme più semplici, di imparare a mettersi in viaggio insieme, nella comunione dei santi, tra fallimenti e ripartenze.

Meditavo alla luce di una riflessione di un caro amico, don Antonio Savone, commentando il vangelo nella memoria di san Barnaba apostolo (Cfr. Mt 10,7-13), elencava i motivi per cui non ci sono strategie pastorali, se non quelle di combattere contro: “gli idoli dell’evangelizzatore”, il primato dell’efficienzal’uso della forza, il dispiegamento dei mezzil’ansia.  L’importante è partire, osservare, lasciare aperte le porte allo Spirito, persuasi di vivere un rinnovamento spirituale, un dinamismo spirituale, e prima di prendere decisioni importanti, ascoltare tutti, con un cuore solo. Dalla direzione del viaggio non si può escludere la croce, alla quale occorre aggrapparsi con gioia, un viaggio che si gioca sulla relazione con i fratelli e con le sorelle, è il primo culto a Dio, quella carne viva, reale, ferita, fragile che va toccata e mai evitata.

In questo tempo una parola slogan è la sinodalità, in effetti, c’è stata sempre, oggi si tratta di impegnarsi a prendere una decisione, tutti insieme, si cammina in una catena solidale dove si è responsabili gli uni degli altri. Quello che manca nella chiesa è proprio la corresponsabilità, perché manca il discernimento e si prendono decisioni di pancia, per sentito dire, per coprire posti vuoti. È importante non fermarsi, stare in cammino, nel dinamismo spirituale della fede, della speranza e della carità, dove, afferma sempre don Antonio Savone, «all’olio dell’umiltà si aggiunge quello del dialogo costante con il Signore per chiedergli non tanto che siamo esenti dalle difficoltà ma che continui a indicarci la strada. Imparare a portare tutto davanti a Dio per discernere con sapienza il cammino da percorrere non indulgendo a discussioni senza fine come gente che ha poche prospettive e orizzonti angusti».

L’importanza della preghiera, anzi, è il cuore della vita cristiana, di una comunità e di una comunità mi colpisce come si prega, l’amore verso i santi, sì d’accordo, siamo dentro la religiosità popolare, a volte con eccessi, ma è quella degli umili, dei semplici, c’è una bellezza della santità, ed è questa fede popolare che tiene vive la fede, la speranza e la carità, una comunità mescolata ai problemi della vita. E la centralità di Cristo? C’è nella santità, perché i santi conducono a Lui. Un altro aspetto che mi ha sempre incoraggiato è che nei posti più lontani, impensabili, sperduti, meno ambìti, c’è sempre una chiesa, un gruppo di persone che si raduna per pregare, sono presenti i battezzati e figli di Dio.

Il compito e la missione di un parroco è di creare collaborazione con i laici, non favorire servilismi, valorizzare i carismi, far emergere i talenti, ascoltare, promuovere la vita spirituale e quella umana, vivere la prossimità, e nei passaggi di crisi, contemplare, senza giudizi affrettati, accogliendo la parte umana meno bella, nel silenzio, nella preghiera. 

In tempi recenti, il parroco veniva chiamato il Curato, non c’è definizione più vera, essa ha a che fare con la cura, il custodire, difendere, proteggere, la parte spirituale e la parte umana, facendo ricomprendere il tutto nella relazione profonda con Gesù Cristo.  Infine, non come conclusione, ma in quanto il centro di tutta la riflessione, l’umiltà, di fidarci non di noi stessi, ma di Cristo, qui sta il senso profondo del compito-missione, a fissare lo sguardo su di Lui e continuare ad avere fedesperanze carità, soprattutto quando uomini o donne di chiesa ti deludono, quando scopri che non si cerca Cristo ma l’affermazione personale, ma su questo parlerò più avanti.

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