Domenica 1 Maggio 2022
III Pasqua (Gv 21,1-19)
Ciao Massimo, so che tu sei un bravo prete. Come sai la vocazione è un mistero,
ti potrà fare cose che non ti saresti mai immaginato di fare.
Il bello è che “Non sei tu ad aver scelto Dio, ma è lui che ha scelto te”,
ti ha scelto per usare i tuoi talenti.
(Lettera di Addio di don Matteo, Film Don Matteo 13)
Si ritorna alla vita ordinaria, quella dura legge del quotidiano, lì dove avevano iniziato una avventura, -accade anche per noi-, e poi tante cose erano cambiate, non erano più gli stessi, con una novità, ma ancora devono imparare nuove sfide, soprattutto fidarsi, di riconoscere nelle circostanze della vita i segni di grazia e non lasciarsi dominare dall’indifferenza per osare sempre.
Un pugno di discepoli
È appena l’alba, manca poco al giorno, quella grigia e solitaria sospensione piena del tranquillo nell’incerto svegliarsi degli uccelli. Bisogna alzarsi con tutti i buoni propositi e guadagnarsi un po’ di pane, ispirare aria positiva. Si è in pochi, incerti, smarriti, un ritorno al passato; è difficile dimenticare, il futuro è grigio, ci si rimette a pescare, e senza prendere nulla. Di nuovo lui, il Signore, un nuovo appuntamento, è presente, ma si fa fatica ad entrare nella novità, nell’inedito, e lui attende; è il Pastoreche cerca la pecorella smarrita; è l’uomo mite dal cuore misericordioso; è il Risorto che ascolta e accompagna con discrezione i discepoli sfiduciati, sulla riva; prepara qualcosa da mangiare, sempre al servizio, instancabile, affettuoso come una mamma che aspetta con gioia i suoi figli.
Il dialogo
Quel sogno non si è realizzato, e si pensa ai tanti fallimenti nella vita. Tutto ricomincia, in maniera nuova, c’è una chiamata alla sequela, ma senza Gesù non prendono nulla, e quando si rimettono a pescare devono fare i conti che non basta l’esperienza, occorre fidarsi, senza cercare scuse, lasciare alle spalle il passato, i tradimenti, i rinnegamenti. Qui avviene un bel dialogo tra il Risorto e Pietro, si rinnova la vocazione, in un gioco di domande, dall’agapao al fileo, dal mi ami? al mi vuoi bene?, cioè, il Risorto si mette al livello della fragilità di Pietro.
La missione
Il Risorto vuole rifare Pietro, e lui deve sentirsi guarito e perdonato, ha davanti il Dio delle possibilità, e il fallimento non è mai l’ultima parola. Quanti fallimenti? Fallimenti affettivi, professionali, relazionali, sociali. Si ricomincia. Il Risorto entra nei nostri fallimenti, invece di concentrarci nei nostri sbagli, egli invita a ripartire, a metterci nuovamente in gioco, consapevoli della nostra fragilità, e Pietro dopo aver sperimentato la misericordia di Dio, gli affida la missione di usare lo stesso sguardo che il Risorto ha avuto su di lui. Se si vuole essere veramente testimoni dell’alba nuova, occorre ri-donare lo stesso sguardo ricevuto, perché “quando la Chiesa tradisce quello sguardo, viene meno alla sua missione fondamentale” (G. P.).
Dimenticare per ricominciare
Domande:
• Come guardo i miei fallimenti? • Metto a disposizione le mie capacità per il bene del prossimo?
Impegno: MI LASCIO GUIDARE E PORTARE DOVE VUOLE IL SIGNORE
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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