La Pasqua vuol dire Risurrezione, dell’uomo, di Dio, della natura, del bene, è ciò che inizia di nuovo, ricomincia, è molto di più della primavera che sboccia, non è un mito, ma ne parla, non è una storia inventata, è realtà, è il cuore della fede cristiana, che dà forza, speranza, ridona la vita. Voglio credere alla Pasqua, ma che cosa significa per noi la Pasqua? Scriveva il teologo Karl Rahner: «Se avessi l’integra fede pasquale. E perché non dovrei averla? Voglio impegnarmi a vivere questa fede».
Desidero partire dalla natura, anche se il mese di aprile non è come una volta, ci portiamo dietro ormai un tempo instabile, e dovrebbe essere l’esplosione della primavera, – sempre tempo permettendo -, dato che ormai anche le stagioni sono divenute liquide. In questo mese per i cristiani si celebra la Pasqua, non solo la natura risorge, il credente dà un senso differente, partecipa anche la creazione e partecipa pure l’uomo. Ricordo il mito di Demetra e Persefone che racconta la rinascita della natura, sono diversi i racconti sulla fertilità e la fecondità scelgo questa versione che spiega l’amore di Demetra per la figlia Persefone, per la quale era molto legata. Il mito racconta: «Un giorno nei campi Persefone si trovava con le serve e si era allontanata. Si accorse della sua bellezza il dio dei morti, Ade, che la rapì con un inganno. Demetra non si dava pace, e quando venne a conoscenza dell’inganno, sfidò gli umani e gli dèi, quindi si vendicò, senza più primavera e senza più frutti della terra. Dovette mediare il padre degli dèi, Zeus, e Ade concesse che in alcuni tempi dell’anno, Persefone potesse ritornare sulla terra. Ade, il dio degli inferi, usò ancora una volta l’inganno, per farla ritornare, mangiò i semi del melograno, per la quale una volta assaggiati doveva soggiornare per sei mesi all’anno negli inferi».
Quando la primavera ritorna, si celebra la gioia di Demetra, i campi ridono, i prati sono colorati, la natura è allegra. È una Pasqua.
C’è anche la Pasqua dei credenti, quella che vorrei presentare è la Pasqua di Dietrich Bonhoeffer (1906-1945), il teologo luterano in attesa di essere impiccato dai nazisti nel campo di Flossenburg, ogni giorno aveva una carica di vivere e di sopravvivere, testimoniando con coraggio l’esistenza cristiana anche nelle situazioni più difficili: «Ogni giorno è un tutto conchiuso». In attesa di giudizio trovava la forza straordinaria della preghiera, qui scopriva un messaggio di resistenza e sussurrava il grido per rimanere umani, un rifugio, e il suo non era uno scrivere per sé stessi ma anche per gli altri.
Il sommo poeta italiano Dante Alighieri iniziò il suo viaggio verso la Pasqua un venerdì santo, «nel mezzo della vita», percorrendo in compagnia di Virgilio, l’Infermo e il Purgatorio, e all’uscita, iniziarono «a veder le stelle», un viaggio che poi lo introdusse in Paradiso. Al Paradiso lo avrebbe accompagnato un’altra persona, del quale il sommo poeta non dice il nome.
Un’altra esistenza pasquale è stata quella della poetessa Alda Merini, ha vissuto una vita straordinaria e tormentata, di una semplicità intensa, e nella poesia ha scoperto qualcosa di potente e tdi remendo, negli abissi del dolore quotidiano ella vince la guerra senza lasciarsi soffocare.
Ecco un suo testo che esprime la sua forza:
O mia poesia, salvami,/per venire a te/scampo alle invitte braccia del demonio:/ nel sogno bugiardo/ agguanta la mia gonna la sua fiamma/e io vorrei morire/per i mille patimenti che mi infligge./Nulla vale la durata di una vita/ma se mi alzo e divoro/con urlo il mio tempo di respiro,/lo faccio solo pensando alla tua sorte,/ mia dolce chiara bella creatura,/ mia vita e morte/ mia trionfale e aperta poesia/che mi scagli al profondo/perchè ti dia le risonanze nuove./ E se torno dal chiuso dell’inferno/ torno perché sei tu la primavera:/ perché dunque rifiuti me germoglio,/ casto germoglio della vita tua.[1]
Letteratura, spiritualità cristiana, la natura, sfaccettature e sfumature che meditano sul significato della vita, sulle oscurità, la direzione di senso verso la quale siamo gettati, che invitano ad aprirsi alla risurrezione, al nuovo, esistenze pasquali, un passaggio per andare oltre, il cui paradigma è la mediazione salvifica di Cristo, l’amore che può tutto, e del quale la morte non ha l’ultima parola. Il messaggio della risurrezione di Cristo passa attraverso le tenebre del venerdì santo e in quel sabato vuoto, l’attesa del fuoco della Pasqua, ed ha a che fare con noi, riguarda la nostra vita, ci sussurra e ci dice: A Dio spetta l’ultima parola.
[1] A. Merini, Il suono dell’ombra: poesie e prose 1953-2009, Milano 2010, p. 248.
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