Ogni giorno si celebrano giornate di sensibilizzazione su diversi temi, sociali, culturali, ecologici, per la pace, poi ci sono alcuni appuntamenti come quello relativo alla legalità e per le vittime di ogni mafia che è giunto al ventisettesimo appuntamento. È giusto fermarsi e fare una riflessione critica, perché se da un lato è un bene ricordare le vittime delle mafie, anzi è doveroso non spegnere la memoria e smuovere le coscienze, dall’altro, la ripetitiva e processionale marcia rimane fine a se stessa quando non si attivano percorsi e processi di cambiamento in comunità pratiche: la famiglia, la scuola, la società politica, la chiesa.
E dopo? Ecco il bello, la sacralità di liturgie presenziate da esponenti di grido, quasi una passerella occasionale, finisce lì, con tanto di titoloni in prima pagina e un buon sponsor per i comuni che promuovono momenti goliardici con tanto di bandierine. Si discute nelle scuole? Ad esempio. E nelle associazioni? In queste, come in altre comunità pratiche, quali iniziative durature e progettuali sono programmate per innervare sul territorio inediti sbocchi di cambiamento, attraverso segni e gesti sovversivi e liberanti?
La legalità si crea con le scuole, con docenti appassionati, con formatori che hanno a cuore il futuro degli allievi; la legalità si crea con i posti di lavoro, con le infrastrutture; la legalità si crea senza la burocrazia; la legalità si crea nel momento in cui la politica non sbandiera programmi come “castelli in aria”, ma incontra l’uomo nella situazione di bisogno, soprattutto in stato di debolezza. La legalità si crea quando non si opprime il settore della sanità, non si emarginano le fasce più fragili. Il resto, solo parole, processioni, senza conseguenze incisive e feconde nella società. Occorre anche precisare,- senza farla lunga – che la legalità è connessa alla giustizia, quando prevale l’ingiustizia, questa diviene terremo fecondo nella quale prosperano situazioni illecite e violente.
Queste giornate si sensibilizzazione, devono essere mediate dalle comunità o dai gruppi, sulla spinta di formatori e maestri che prima di insegnare devono essere testimoni e sappiano appassionare, promuovere, coltivare, con impegno e sacrificio, per non cedere alla rassegnazione e all’apatia. Mi colpiva una affermazione di un religioso in Calabria, don Ennio Stamile, referente di Libera: “In Calabria c’è una statua che non tutti vedono, quella dell’omertà”. Concordo con queste parole provocanti, è difficile metterci la faccia, esporsi, laddove si è abituati al tutti fanno così, nulla cambierà, o alla comodità di una esistenza senza scossoni.
Ho fatto esperienza che temi scottanti, quali le mafie, la ‘ndrangheta, la giustizia, la riconciliazione, la legalità, tanto per farne un esempio, sono così scontati che non c’è necessità di parlarne. Chi nega, chi volta la faccia, chi sa tutto, e intanto mancano voci profetiche all’interno della società civile che possano avviare una nuova primavera.
Come dice un mio amico: “Tutto rinasce, anche Anteo e l’oleandro. Sono letali come le Sirene che incantano e uccidono, al pari delle Amazzoni ed un tempo Eva. Non tutti furono figli di Abele”.
Occorre rivedere l’impegno di alcune associazioni anche queste giornate di sensibilizzazione, almeno per rendere memoria e tributo ai tanti morti, della società civile, del giornalismo, della magistratura e delle forze di polizia.
Lascia una risposta