Nella mia biblioteca ho ripreso un libro, un classico, – premetto che i libri io li tratto bene, anche se li sottolineo con tanto di matita ed evidenziatore -, ogni tanto devono essere salutati, sfogliati, per accertarsi del loro stato di salute, oltre alle ricerche o per riprendere alcuni temi. Il libro di cui parlo è un classico, Fratelli di sangue, e già il titolo è di fuoco. La storia è della ‘ndrangheta, non è un romanzo, ma un lavoro intenso e accuratamente elaborato dal Nicola Gratteri, il magistrato più esposto e conosciuto in Italia per la sua lotta contro la corruzione e le mafie e soprattutto contro la ‘ndrangheta, fenomeno non più calabrese ma transnazionale, con il giornalista Antonio Nicaso. Il libro è del 2007, negli anni successivi ci sono state diverse ristampe, consta di 400 pagine, sedici capitoli e quattro appendici, e l’indice dei nomi citati nel volume.
L’immagine della copertina è eloquente, cruda, un avvertimento, un messaggio in codice, come quelli della ‘ndrangheta: una capra con la testa mozzata, insanguinata al collo e l’occhio di sbieco. Non ci sono immagini all’interno, ma una storia, origini, generazioni, famiglie di ‘ndrangheta, miti, territori occupati dalla più potente delle organizzazioni criminali, faide, omicidi, operazioni di polizia, inchieste della magistratura e l’articolazione della ‘ndrangheta su tutto il territorio calabrese, con proiezioni fuori della Calabria e nel resto del mondo.
Il fenomeno ha un humus, un’antropologia, una cultura, tradizioni, radici secolari, rinvii alla mitologia, leggende, riti, personaggi famosi, guerre di mafia, passaggi sporadici nella letteratura calabrese, l’evoluzione della ‘ndrangheta, oggi moderna, nei complessi rapporti con la politica, la società, le istituzioni e la massoneria. Cosa rende interessante questo volume? Le articolazioni territoriali, provincia per provincia, i nomi dei capibastone e degli ‘ndranghetisti, gli affiliati, i gradi degli adepti, i complici, l’area grigia e di consenso della ‘ndrangheta. È ovvio che sono passati quindici anni dalla pubblicazione di questo testo e si sono susseguiti altri volumi aggiornati, con dettagli, sfumature, ma questo rimane una pietra fondamentale per studiare e conoscere il fenomeno, nella sua poliedricità.
Fino al 2007 la ‘ndrangheta non la conosceva nessuno, e posso essere sincero? A me l’argomento non mi interessava, non mi riguardava, vivendo dentro un contesto mescolato di mentalità, di abitudini, e non sono l’unico. È stata la strage di Duisburg in Germania a svegliare i dormienti, un punto di svolta, santini bruciati, sei vittime, una spedizione partita dalla città di San Luca in provincia di Reggio Calabria, la mamma della ‘ndrangheta, una faida tribale e violenta che non conosce confini, teatrale e intelligente nei messaggi.
Esiste la ‘ndrangheta oppure è una invenzione giornalistica? Dall’onorata società, passando per la picciotteria, alla ‘ndrangheta, oggi come si chiama? Perché non si insegna in tutte le scuole di ogni grado e nelle università? Oggi non spara più, non ci sono più inchieste mediatiche, ogni tanto qualche blitz, droga, prestanomi, corruzione, e soprattuttoun’organizzazione criminale potente dal punto di vista economico e finanziario, che ha interessi fuori della Calabria, in Europa soprattutto dove le leggi non sono restrittive come quelle in Italia.
Ha un nome nuovo la ‘ndrangheta? Si fanno ancora riti sacri come la pungitina o apparentamenti nei matrimoni, nei battesimi e nelle cresime? Si infiltrano ancora nelle processioni e nelle manifestazioni religiose? Sono decisivi nelle decisioni pubbliche e nella politica? Per conoscere la ‘ndrangheta bisogna partire da questo testo, ne ho letto altri, questo è uno di quelli che analizza in modo particolareggiato il fenomeno mafioso, la serietà, la torsione e manomissione di tanti aspetti della sfera pubblica e privata, sempre più nascosta e subdola, nelle menti e nelle coscienze avvelenate non da un virus, quanto da stili di vita, silenzi e consensi che la rendono sempre più forte e inattaccabile.
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