Domenica 30 gennaio 2022 IV Tempo Ordinario (Lc 4,21-30)
Alla sentenza di Gesù, nessun profeta è bene accolto nella sua patria, penso ai tanti testimoni che sono stati scacciati e riconosciuti tali solo dopo la loro morte. Gesù inizia il suo ministero con un insuccesso, ma l’offerta di salvezza rimane sempre aperta. Dio si serve sempre di uomini e di donne che indicano il cammino, una proposta di amore che si può accogliere nella libertà oppure rifiutare.
Il profeta non gradito
C’è una grande differenza tra il leader e il profeta. Il primo cura l’immagine, seduce, non accetta la critica. Il secondo, deve fare i conti con le sofferenze e le difficoltà. Precisiamo che il profeta della Parola di Dio non è armato, conta solo sulla fiducia in Dio. Gesù dopo aver proclamato la lettura di un brano di Isaia, fa una breve omelia nella sinagoga della sua città di Nazareth. L’uditorio rimane colpito, meravigliato, anche perché la sua fama iniziava a farsi strada, ma gli ascoltatori si fermano all’entusiasmo. L’entusiasmo e la meraviglia non conducono alla fede in Gesù, infatti i compaesani non si accontentano di parole: vogliono segni, miracoli che garantiscano la sua missione, un Dio dagli effetti speciali. Desta sì stupore il suo intervento, ma non c’è seguito. Gesù fino alla croce rimane segno di contraddizione. “Con un solenne “amen” emette una sentenza breve ma efficace, acuta come una freccia:“Nessun profeta è bene accetto nella sua patria, nella sua terra”. Gesù la pronuncia con rincrescimento per il rifiuto patito ma anche con una gioia interiore indicibile, perché proprio da quel rifiuto riceve una testimonianza” (E. B.).
Dallo stupore all’indignazione
Il termometro dei sentimenti umani è molto variabile, ne facciamo esperienza: come si può passare velocemente da un atteggiamento di meraviglia alla condanna? Un fallimento il falegname di Nazareth, trova resistenze nel cuore, e accadrà altre volte lungo il suo cammino. Per Gesù non è ancora venuto il tempo della passione e così semplicemente, con coraggio e libertà, allargherà il suo ministero, si rivolgerà ai pagani, ai lontani, “un Dio degli sconfinamenti” (E. R.) è più facile per lui operare in spazi stranieri che in quelli propri del popolo di Dio. Egli fa un anticipo del sapore amaro di ciò che gli accadrà quando verrà il tempo del culmine a Gerusalemme. Non fugge il conflitto, sta dentro, ma passa in mezzo e va, va oltre.
I piccoli profetano
Nella chiesa ci sono profeti ma senza parresia, cioè, amanti della franchezza e della limpidezza di vita, invece si pronunciano sempre i soliti slogan, indizio che le parole da dire o da proclamare sono vuote per un’assenza di profondità e di vita spirituale. “I profeti sono belli, ma la profezia non basta .. il mondo lo salveranno coloro che sanno trasportare il loro cuore verso gli altri e per loro. Non i profeti, ma gli amanti” (E. R.). Il profeti sono umili, piccoli, anzi, i piccoli possono profetare: “Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità”, scriveva Anne Frank. La profezia non puoi bloccarla, si può ostacolare, la buona notizia corre anche senza che noi ce ne accorgiamo: “Non puoi fermare il vento, gli fai solo perdere tempo” (F. De Andrè).
Domande:
• Cosa mi disturba della Parola di Dio?
• Che reazione ho davanti alla profezia?
Impegno: SIGNORE, DIFENDIMI DALLE OSTILITÀ DEI NEMICI
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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