Siani un giornalista fatto di etica e di passione

Siani un giornalista fatto di etica e di passione

Siani un giornalista fatto di etica e di passione 960 827 Vincenzo Leonardo Manuli

Io sono soltanto uno, ma comunque sono uno. 

Non posso fare tutto, ma comunque posso fare qualcosa;

e il fatto di non poter fare tutto, 

non mi fermerà dal fare quel poco che posso fare.

E. E. Hale

Mi piace scrivere e chi mi segue l’avrà capito, perchè scrivere è un processo di autoliberazione, anzi, di libertà. Chi scrive deve essere sovversivoineditoautentico. Un giorno mi sorprese un tentativo di impedirmi di scrivere, lì avevo capito che la minaccia più terribile è impedire di comunicare, di raccontare, di vivere, una forma di censura. Scrivere è un esercizio in cui la parola deve essere trasmessa, noi siamo logosdialogo, precisando che la parola ha un’etica e chi scrive ha una responsabilità. Ad incoraggiarmi è stato un martire e testimone della libertà di parola e di denuncia, la lettura di una vita romanzata Un ragazzo normale (L. Marrone, Milano 2018) racconta la vita di un giovane ordinario che aveva una missione e cadrà vittima della mafia, la camorra, per commissione di Cosa nostra, il 23 settembre del 1985, Giancarlo Siani (Napoli 1959- Napoli 1985). 

“Non hai paura a scrivere certe cose?” “Ogni tanto sì”. “E allora perché lo fa?” “Perché è il mio lavoro, perché l’ho scelto. E non è che mi senta particolarmente coraggioso nel farlo bene”. Così si esprimeva il giovane giornalista apprendista.

Giancarlo aveva un’agenda e una biro, una Mehari verde ben riconoscibile, era un giornalista pubblicista de “Il Mattino”, informava, denunciava, le sue scarpe si consumavano perché camminava per guadagnarsi il pane e amava la sua professione e la sua città, per reperire notizie per i suoi articoli e le sue inchieste. Lottava contro il male della camorra, faceva nomi e cognomi, rivelava interessi e clientele dove c’erano traffici e violenze, per questo avevano deciso di ammazzarlo. Era una giornalista precario, una persona speciale, e le azioni di queste persone non muoiono, rimangono in eterno. Come lui ce ne sono stati tanti altri, ne cito alcuni, Pippo Fava, Peppino Impastato, uccisi da Cosa nostra, ha suscitato scalpore la notizia dell’uccisione della giornalista e blogger maltese Daphne Caruana (1964-2017) che svelava traffici del governo nazionale con alcuni criminali.

La società, i giovani, chi informa, hanno bisogno di persone che guardano dritto negli occhi, non di persone indifferenti, che girano la testa dall’altra parte, ma di chi affronta la vita di petto, non di chi cerca di essere ucciso, ma di chi ama la libera informazione. La vita di Giancarlo era piena di sogni, ventisei anni, era sorridente, andava in giro per raccontare la violenza della camorra con la sua strana auto verde, e questo gli costerà la morte.

Con il suo esempio finiscono la sua vita e i suoi sogni, ma diventerà un simbolo di un giornalismo fatto di etica e passione, lo sarà attraverso la sua testimonianza. Giancarlo racconterà un mondo di relazioni, di intrecci, si era ficcato in una storia molto più grande di lui, il suo era un giornalismo pericoloso, come di tutti quelli che lottano per la verità. C’è chi l’ha definito in un libro l’abusivo, perché sperava di essere presto assunto, era infatti un precario, chi invece un imprudente, e ancora la sua storia attende verità, luce; si sa, in Italia, esistono muri di gomma, silenzi, depistaggi, vuoti di memoria inspiegabili, contraddizioni, verità sepolte, vicende giudiziarie tormentate, storie secretate, ma la vicenda di Giancarlo rimane ancora avvolta di misteri.

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