La passionalità dell’amicizia nel libro di Stanislao Donadio
Un argomento difficile ed ostico la morte, Giuseppe Ungaretti in quattro versi l’ha così sintetizzata: Si sta/come d’autunno/sugli alberi/le foglie. Pochi versi scritti quando era soldato al fronte. La morte è un evento che ci sconvolge, indirettamente, e ci riguarda direttamente, anche se il filosofo Epicuro diceva che la morte non esiste: “Quando ci siamo noi non c’è la morte”, invece no caro Epicuro, la morte ci riguarda sempre.
La morte c’è quando ci lascia un parente stretto, un amico, ma anche il solo pensiero ci tormenta, Seneca scriveva: “Non temiamo la morte, ma il pensiero della morte”. Ribadisco non è facile affrontare questo enigma, nemica della vita, san Francesco d’Assisi la chiamava addirittura sorella morte, ma lui aveva abbracciato tutto, era libero e povero, ogni cosa e ogni realtà era fratello e sorella, un tuffo cosmico dove egli si sentiva immerso nell’infinito e misterioso universo.
Mi ha fatto riflettere lo scrittore Stanislao Donadio nel suo ultimo testo di poesie, La casa di Nosside. Lacrime per un amico perduto, (Bisignano 2021, pp. 99), al quale va il mio grazie per avermi chiesto un contributo, ed io da credente in cammino pronto a ricominciare ogni giorno ho dato il titolo al mio scritto: La morte non è l’ultima parola. Per la fede cristiana Cristo ha vinto la morte, e quando moriremo attendiamo di risorgere, questa è la nostra speranza.
Il titolo del libro già fa riflettere, chi è Nosside? Visse a Locri, una delle più grandi poetesse della Magna Grecia, e Donadio è come se entrasse nella sua casa per conversare, sì, perché le poesie sono una dialogo amichevole che non c’è più, ma continua ad abitare nei pensieri e nel cuore. L’Autore dedica i componimenti ad un amico, Ciccio, legati da una bella e profonda amicizia, forte, intensa. Oggi di amici ce ne sono pochi, e diciamoci la verità, Luigi Pirandello diceva che nella nostra vita “incontriamo tante maschere e pochi volti”. Ho capito che il titolo che Donadio ha voluto dare ha a che fare con l’amico Ciccio, la passionalità dell’amicizia, che il tempo non cancella, dove i ricordi si fanno struggenti, anche se la morte è come un fulmine, una tempesta, ma non spazza tutto, non cancella l’amore, non seppellisce l’affetto, anche se la nostalgia si fa sentire, e il cuore brucia.
L’Autore racconta questa amicizia, appunti, un diario, scrive per esorcizzare e per far rivivere l’intreccio di questa amicizia, uno scambio di idee e di visioni forti vissute con l’amico Ciccio. Le amicizie non nascono per caso, non vanno e vengono, ognuno poi lascia all’altro degli scrigni preziosi, un’eredità potente. C’è in alcuni componimenti la forza della vita, la tristezza, la nostalgia, un grido e l’affanno della fatica del vivere, il desiderio di poter parlare con chi non c’è più e la voce muta di chi ci ha lasciato. Donadio consegna all’amico Ciccio questi versi, quasi dei messaggi verso l’eternità, versi dove c’è il nettare della speranza, dove ci sarà un ritorno, come la dedica nella Poesia dell’auspicio, anche nella Poesia della speranza. Che cos’è questa parola la Speranza? È l’ultima a morire? Ha a che fare con l’ottimismo? Non spendo quando l’alba verrà,/ apro tutte le porte,/ abbia essa piume,/ come un uccello o frangenti come una riva (E. Dickinson).
Ogni tanto dedico un pensiero alla morte, non pretendo di conoscere o di sapere cosa c’è dopo, ho la speranza, come scriveva il cardinale Carlo Maria Martini che “qualcuno mi terrà per mano” e mi porterà sulle spalle, come il Bel e Buon Pastore prende la sua pecorella e l’accompagna ai pascoli erbosi della vita eterna.
Lascia una risposta