Prendersi cura. Proteggiamo ed educhiamo al rispetto degli spazi verdi
Quando inviti qualche amico a casa oppure esci per una passeggiata, domandi se vuole qualcosa al bar, oppure gli offri un caffè, una scusa per fare amicizia, per conversare e trattenersi un po’, “Ma vi siete mai chiesti cos’è il caffè? Il caffè è una scusa. Una scusa per dire ad un amico che gli vuoi bene” (L. De Crescenzo), è un modo per parlare, raccontarsi, trascorrere qualche momento insieme.
Questo è un prendersi cura.
Noi ci prendiamo cura di noi stessi, del prossimo che vive accanto a noi, della natura, del nostro paese, non in maniera egoista, siamo “animali sociali”, direbbe Aristotele, e ogni nostra azione ha una ricaduta sugli altri e su noi stessi, ad esempio raccogliere un pezzo di carta a terra, non gettare i mozziconi di sigarette a terra, non lanciare in stile olimpionico dai finestrini delle auto in viaggio carte, raccogliere gli escrementi dei cani lasciati sulla strada. Alcuni esempi.
Questo è un prendersi cura.
Quando ho l’opportunità di trascorre qualche ora di silenzio, vado in qualche parco o spazio verde, contemplare e ammirare il dono del creato, per recuperare il valore della natura, dell’importanza del tempo, dello stare con se stessi, di liberarmi dalla fretta degli impegni e dalle reti sociali che riempiono l’anima di residui. Un aspetto su cui non voglio tacere è l’indifferenza, quando si usa uno spazio pubblico e si lascia lo sporco, l’immondizia, uno sfregio, un marchio che descrive la persona stessa che ha lasciato la sua “bomboniera”. Un versetto biblico del libro di Tobia, “Non fare a nessuno ciò che non piace a te” (Tb 15a), ha un forte significato etico e sociale, tale da non trascurare che non siamo soli in questo pianeta, la libertà senza responsabilità ed educazione al senso civico, si trasforma in menefreghismo.
Questo è un prendersi cura.
Il rischio è di rinchiudersi nell’egoismo, di non avere cura gli uni degli altri, e vivere in maniera disumana, disinteressandosi di quello che ci circonda. Per piacere, non scomodiamo le bestie, esse vivono secondo la loro natura, ma hanno rispetto delle loro regole. Il mare, la montagna, i nostri borghi, le nostre città, le relazioni con le persone, rientrano in questo prendersi cura, e non sconvolgiamoci quando un’alluvione, gli smottamenti, creano disastri. Il problema della mancanza di rispetto dell’ambiente può divenire un’opportunità educativa, di promozione sulle condizioni dell’ambiente di vita, naturale e sociale, è un aspetto di legalità, di giustizia, tale da far emergere la consapevolezza che il pianeta Terra ci ospita e in base a come lo trattiamo noi saremo trattati. Per non parlare nel tempo estivo degli incendi, per divertirsi, vedere il fuoco distruggere e annerire ogni cosa. Bisogna educare e denunciare comportamenti violenti e no girarsi dall’altra parte.
Questo è un prendersi cura.
Occorre guardare il mondo con meraviglia, quel senso religioso e di stupore di fronte alla grandezza della creazione, invece di chi dimostra una mancanza di cuore e di sensibilità e non rimane colpito da un fiore che spunta per rendere più bello il prato, dai colori di un tramonto, dal cielo illuminato dalle stelle, dalla nascita un bambino che si meraviglia di ogni sguardo che incontra, dall’anziano che arranca con il bastone.
Questo è un prendersi cura.
Ognuno può e deve fare la sua parte, innanzitutto in famiglia, le reti sociali di informazione, la catechesi, la scuola e le università.
Questo è un prendersi cura.
L’umano è il vertice della creazione, ma non può fare quello che vuole, nel senso che ogni essere vivente va rispettato, custodito, e l’umano ha la responsabilità e l’impegno di rispettare e valorizzare nel senso religioso il dono di Dio, di avvicinarsi a questo mistero godendone e lasciando godere gli altri. Gesù nel vangelo conia la regola d’oro, “fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te stesso” (Mt 7,12), attualizza i versetti del libro di Tobia, quella di un’ecologia spirituale e sociale. Facile a dirsi, si è leader nelle parole, a fare da maestri agli altri, ma non ad impegnarsi per un mondo più giusto, sano, vivibile, se per primi non ci mettiamo la faccia.
Questo è un prendersi cura.
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