Fiore del Carmelo

Fiore del Carmelo

Fiore del Carmelo 1600 1600 Vincenzo Leonardo Manuli

Lo scapolare della Madonna del Carmelo e la promessa

La fede non va in vacanza, nemmeno in estate, anzi, sono tanti gli appuntamenti religiosi con i propri patroni, le memorie mariane, circostanze favorevoli per incontrarsi, ravvivare le comunità, che vivono una volta all’anno questi rilevanti momenti di fede e di socializzazione. Ad aprire il revival religioso è la festa della Madonna del Carmelo o del Carmine del 16 luglio, è una delle ricorrenze religiose più importanti del mese estivo di luglio, un rituale molto sentito nel mezzogiorno e in Calabria. Come ogni altro appuntamento religioso in Calabria, di rilevanza sociale e antropologica, c’è un’esplosione del piacere, e un pericoloso errore sarebbe privare i fedeli e devoti delle gioie primordiali che si scatenano nell’ambito della religiosità popolarefolclorefeste dionisiachefuochi pirotecnici, senza processioni dei simulacri anche quest’anno a causa del Covid-19.

Sono diverse le chiese che custodiscono la sacra effigie mariana del Carmelo e i giorni della novena preparano spiritualmente alla festa, tra riti e preghiere si infiammano gli animi pieni di fervore e di pietà sotto l’indulgente occhio materno della  Madonna.  

L’estate in Calabria è tempo di invasioni mariane, «È un modo attraverso cui Dio risponde al bisogno umano di tenerezza rivelando la sua realtà materna», affermava il compianto mariologo calabrese padre Stefano De Fiores. Sia il nativo del luogo che il turista, e sia gli emigranti che ritornano per riabbracciare gli affetti mai dimenticati, riscoprono un sapore misto di antico e di mitico, di selvaggio e di sublime, soprattutto gli emigranti, che rientrano nel desiderio di radici e d’identità. 

Il culto alla Madonna del Carmelo risponde alla devozione dello “Scapolare”, un saio (abitino) che non è altro che una forma ridotta dell’abito dei religiosi carmeli­tani, in miniatura e da indossare attorno alle spalle, con la promessa del “privilegio sabatino” a chi lo manterrà fino alla morte e si troverà in “stato di grazia”, e la Madonna preleverà il devoto dalla condizione spirituale del Purgatorio in cui si trova per portarlo con sé in Paradiso, racconta la rivelazione ricevuta da san Simone Stock nell’apparizione mariana del 1251.

Nella promessa, fatta a san Simone Stock, non sono richieste né preghiere né astinenze, ma basta portare con fede e devozione giorno e notte indosso, fino al punto di morte, la divisa carme­litana, che è l’abitino, per essere aiutati e guidati in vita dalla Madonna e per fare una buona morte, o meglio per non patire il fuoco dell’Inferno. La Madonna, con la sua rivelazione, ha voluto dire che chiunque indosserà e porterà per sempre l’abitino, non solo sarà salvato eternamente, ma sarà anche difeso in vita dai pericoli e la Madre di Dio si adopera in maniera efficace per la conversione del peccatore, a chi porta con fede e devozione l’abitino fino in punto di morte.

Il contenuto di questa “tradizione”, si armonizza con la paura della morte e del giudizio finale, immerso in un immaginario collettivo che ha perduto o addirittura rimosso i “tempi ultimi” di cui ognuno di noi un giorno dovrà fare i conti. La spiritualità carmelitana affonda le radici nel profeta Elia, che ebbe la visione di una nube, sul monte … interpretata cristianamente come la venuta della Vergine Maria (san Bonaventura da Bagnoregio). Nel luogo della visione, si radunarono tanti eremiti, dedicando una cappella alla Vergine e trasformandolo in oasi di preghiera e di contemplazione. È tra gli echi della festa della Madonna del Carmelo, tra canti e preghiere che il mese di luglio apre la stagione estiva, e dedica al mito della «dea madre» incarnata nella statua della Madonna, genius loci, dove uomini e donne di ogni estrazione sociale consacrano le proprie sofferenze, le affidano ogni speranza e si tuffano per vivere esperienze di intensa spiritualità, alla ricerca di un germoglio  di rinascita, peccato però che poi si rientra nel feriale vivendo «etsi Deus non daretur» (come se Dio non esistesse).

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