L’abbraccio mortale e la memoria perduta

L’abbraccio mortale e la memoria perduta

L’abbraccio mortale e la memoria perduta 1600 1200 Vincenzo Leonardo Manuli

Non mi piacciono gli anniversari, gli slogan, sono appuntamenti di circostanza, passaggi transitori, date emotive che poi cadono nell’oblio. Preferisco le maratone, gli itinerari, i percorsi accidentati, le salite, le strade tortuose e inedite, opto per i combattimenti estenuanti, le sfide, le provocazioni, perché sono  inquieto finchè non ci vedo chiaro. La Calabria non è per i progetti, l’uomo calabrese nella sua declinazione di femmina e di maschio, non pensa all’avvenire e non ama costruire insieme, non c’è spazio per la speranza, poi c’è di mezzo l’invidia e il rancore, la vendetta e la diffidenza, la paura e l’indifferenza, ingredienti che hanno alimentano la più temibile delle organizzazioni mafiose al mondo, la ‘ndrangheta.  

Il calabrese ha preferito andare a braccetto con i tentacoli della ‘ndrangheta, un consenso che parte dal basso, sostegno dall’alto, il consenso sociale che ha approfittato del blocco psicologico e di arretratezza culturale, sprofondando in quella voragine etica come ostacolo alla coesione per la Calabria. La storia ce lo insegna, la lotta per il capoluogo, l’autostrada incompiuta, le cattedrali nel deserto.

Confesso che non so il motivo delle mie ricerche, dei miei studi, delle mie letture, dei miei interventi, e chi mi legge direbbe che sono folle, chi me la fa fare, in fondo non ci ho guadagnato nulla, non penso alla carriera, ai riflettori, però sinceramente mi ero illuso, ho idealizzato, sognando che avrebbero evitato abbracci mortali. Ho compreso che ogni senso a disposizione dell’umano, dalla vista all’udito, dal tatto al gusto, dall’olfatto fino all’utopia, essi si sono risvegliati, contro lo stereotipo del calabrese rassegnato, omertoso e vittima del fatalismo

Quello che si nega emerge sempre, riaffiora, l’inconscio di freudiana memoria sveglia e svela ogni inganno. Che cos’è la ‘ndrangheta? La ‘ndrangheta è più di un’organizzazione criminale, è dentro il tessuto geoantropico e scorre nel sangue della Calabria, è mentalità, “cultura”, vuoto etico, difficile da scardinare, per questo non bastano gli slogan, le celebrazioni di opportunità, i convegni, documenti di inchiostro, c’è bisogno di più, una coscienza civile, nuova, forte, liberante.

Io ho sfiorato il sentimento calabrese, fuori e dentro, e papa Francesco non è stata una meteore quel 21 giugno 2014 nella spianata di Sibari: no alla ‘ndrangheta, no al disprezzo del bene comune, la scomunica a ogni mafioso, no all’adorazione del male. Il male, è un abbraccio mortale che succhia ogni risorsa, ogni forza, e la ‘ndrangheta, la mentalità sommersa che la sostiene, è peggio dei riti degli affratellamenti per far crescere le ‘ndrine.

Cosa hanno fatto la chiesa calabrese, le istituzioni e la società dopo sette anni? Il papa si è rivolto anche alla chiesa, fino a quel momento, in Calabria, con qualche raro distinguo, nessuno ha avuto la parrhesia di dire: no all’abbraccio mortale con la ‘ndrangheta. Quell’evento rimane solo celebrativo? Oppure nelle chiese, nelle parrocchie, nei vescovi, nei preti, negli istituti teologici, nei laici, nella società civile, nella politica, nelle istituzioni, è scattato quel meccanismo di presa di coscienza e di ragionamento che fino ad allora c’è stata complicità, clientelismo, corruzione, una connivenza che ha consentito alla ‘ndrangheta di avere buoni alleati e di crescere legittimandosi come una forza inarrestabile?

Ci si può da quell’abbraccio mortale liberarsi? Tutto è possibile. A me conviene parlare e scrivere di questi argomenti? Mi aumenteranno lo stipendio? Venderò qualche libro in più? Può non interessare, a molti infatti non riguarda, ma l’argomento è allettante per la scalata agli onori della cronaca, se non per un po’ di pubblicità, di promozione, con qualche attestato di riconoscimento, tuttavia ho fatto esperienza di quello che vuol dire parlare di ‘ndrangheta, dei rapporti con la chiesa e con le istituzioni, dell’indifferenza, della superficialità con il quale questo tema scottante tuttora è affrontato, un giorno, se ne avrò la possibilità racconterò la mia. 

Il 21 giugno, è più di un anniversario, potrei essere bruciante nel dire che non servono più le passerelle, sono decisivi i gesti; sono inutili le marce, decidono i comportamenti; non bastano i proclami, occorrono le svolte decisive; dove tutti si è coinvolti, tutti nessuno escluso, questi saranno i veri no al male, alla ‘ndrangheta, alla mentalità mafiosa, all’indifferenza, a quel disprezzo della Calabria stessa, che si continua a ignorare e dimenticare. Amen

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