Non è facile riflettere sulla vita di Antonio (1195-1231), il santo portoghese, originario di Lisbona, al secolo chiamato Fernando, che gli imprevisti della vita lo portarono nella città di Padova. Intorno a lui c’è una miriade di storie, di aneddoti, di miracoli. Un dato è certo, i devoti lo sentono molto vicino a sé, accorciando la distanza che li separa dal divino. È un intercessore potente, una figura storica immortale, di cercatore di Dio, e se il popolo lo cerca, è perché ritrova in lui un esempio immortale, che incoraggia l’anelito umano di afferrare il divino. Una deviazione del culto è non ascoltare però la sua testimonianza di vita, le parole sferzanti, provocatorie, rimanendo fermi alla devozione e non ascoltando la predicazione della parola che invita alla sequela di Gesù Cristo e del suo vangelo. Guardiamo la sua statua e chiediamoci quel bambino seduto sopra il vangelo, è Gesù, che gli appare in visione, dopo tanto studio, preghiera, predicazione, testimonianza, un dono che Dio gli ha fatto e che lui innamorato di Cristo ha annunciato alle sue generazioni.
Si vogliono cogliere alcuni aspetti tra quelli più noti di Antonio, una vita vissuta secondo la sapienza, quella del cuore, il punto fermo della sua vita, non tanto il sapere come superbia della conoscenza, ma il vivere l’esistenza nelle sue diverse sfumature, i suoi eventi tragici, imprevedibili e gioiosi. Vivere con sapienza per Antonio ha significato vivere con prudenza e lucidità le scelte quotidiane, preferendola più della salute e della ricchezza.
La sua figura è attuale anche oggi e lo dimostra la devozione, mai in crisi. Cosa rincorriamo? Il gusto della vita è fatto di piccole cose, è qui la sapienza, e nei sermoni Antonio, – spesso non tollerati da chi si sentiva in disagio -, non le mandava a dire, le cantava dritte in diretta, una parrhesia che percuoteva gli animi. Ad esempio, uno dei peccati che più denunciava era quello dell’usura, l’avarizia, “per i soldi, si ammazza, si litiga, e il cuore dell’usurario, anche quando muore, non è nel corpo, ma nella cassaforte”, perché come dice il vangelo: «Là dove è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore» (Mt 6,21). Il suo parlare era l’affermare la “verità nella carità” (cf. Ef 4,5), oggi fuori moda, dire le cose senza peli sulla lingua, non è un parlare con riguardo, non per farsi alfieri della verità, spesso è una verità sputata addosso, oppure in nome del buonismo passare sopra a tutto, ma la verità nella carità, va fatta con dolcezza e rispetto.
Antonio era un uomo sapiente, nel senso di gustare con semplicità la vita, un francescano, cioè viveva la sua esistenza in conformità al vangelo di Gesù Cristo, sull’esempio di Francesco di Assisi che aveva conosciuto. Gli studi a Coimbra, la conoscenza della Sacra Scrittura, dei Padri della Chiesa, un religioso colto che nella sua vita non si è limitato ad elaborare teorie ma ad affrontare la vita di fronte all’imprevedibile, senza perdersi d’animo, dando un nuovo orientamento alla sua esistenza, anche nel tragico.
Contempliamo questa grande figura evangelica, “Arca del Testamento”, così fu definito, anche perché si faceva interprete dei poveri e di chi soffriva l’ingiustizia. Difendeva i padovani, li amava e li guidava spiritualmente, lottò per la pace e la dignità di ogni essere umano contro leggi ingiuste.
Nel giorno della sua memoria, è un rito molto seguito dei devoti di benedire il pane e di offrirlo agli amici, ai poveri, quale espiazione di un voto. È un gesto ancora significativo benedire il pane, questo semplice e comune alimento sulle nostre tavole ci ricorda un elemento essenziale della nostra dieta, rimanda all’Eucaristia, rinvia alla vita, che non va sprecata, come il pane, bisogna raccogliere anche le molliche, perché è una benedizione di Dio, un dono. Il pane è la grazia di Dio, presente nelle nostre famiglie, il pane del sudore, del sacrificio, dell’onestà, il cui lungo e laborioso processo che parte dalla spiga di grano, passando dalla macinazione, alla farina, all’impasto, ci aiuta a vedere in profondità la nostra vita, una “realtà di pane”, semplice, umile e quotidiana che va vissuta con sapienza, per gustare le piccole cose.
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