Frequentavo il quarto superiore, all’istituto tecnico commerciale e per geometri a Taurianova, i morti cadevano come uccellini, a scuola non se ne parlava, tanta paura, e con i miei amici non capivamo quello che stava accadendo. Il paese era assediato dai media, dalle televisioni, dai giornali, e l’attenzione dello Stato su questo popoloso comune della piana di Gioia Tauro che finalmente interveniva ma solo in maniera repressiva. Quel venerdì nero era il 3 maggio 1991, famiglie contrapposte, scalate di potere, per il predominio di Taurianova, una Taurianova divisa, Jatrinoli e Radicena, accentuata dalla divisione territoriale delle parrocchie e dalla mentalità delle persone. Grida di dolore, sangue, suoni di sirene, gente che scappava, famiglie e vite spezzate, innocenti caduti e vittime della barbarie umana, così la ‘ndrangheta mostrava il suo volto feroce, sanguinario, ha fatto sempre così, sangu chjama sangu.
La sera non si usciva più per una passeggiata, avevamo paura, c’era il coprifuoco, eravamo segnati tutti come ‘ndranghetisti, e lo scoppio di quella violenza cieca ci aveva additati assieme agli altri. Gli anni a venire ancora più tragici, sono passati tre decenni, non se n’è mai parlato e discusso, non ci sono state preghiere di perdono e di riconciliazione in chiesa, solo inchieste, condanne, cuori induriti e piegati dalla sofferenza.
Carcere duro, ergastoli, tribunali di giustizia invece del tribunale della misericordia di Dio, e la vita ha continuato a scorrere, con il rancore, senza riconciliazione e voglia di cambiare e far emergere l’umanità nel senso buono, una società coesa, che si ritrova in piazza per una lotta comune, e non per continuare a dividersi, a guardarsi con sospetto.
Cosa direbbero i giovani di oggi, i parenti di quelle vittime, e che tessuto morale, sociale e religioso è rimasto a Taurianova? È chiaro che quei giorni sono stati l’inizio del declino, oppure era già iniziato, noi portiamo dentro la nostra memoria quegli eventi, mai elaborati, mai discussi e quindi mai superati e l’aria che si respira è sempre di diffidenza. Taurianova ha conosciuto faide, sangue, morte, violenza, inimicizia, divisione, contrapposizione, l’emigrazione di tanti giovani e una politica incapace di servire la comunità.
Quale è stato il ruolo della politica? Dell’associazionismo? Della famiglia? Delle parrocchie? Dello sport? Degli altri attori sociali? Cosa è cambiato dopo trent’anni? Non è più la Taurianova di prima, senza una fisionomia, senza una identità, segnata dai tanti scioglimenti per mafia dei consigli comunali, è divenuta solo un pezzo di torta da spartire per interessi personali. Non è messo solo in questione il tessuto economico che si è impoverito, è mancato il dibattito politico, culturale, dove è andata a finire quella spiritualità cristiana che dovrebbe testimoniare la comunione, il perdono, la pace, invece delle continue processioni a suon di fanfara senza una presa di posizione liberante e sovversiva. A Taurianova è mancata l’entrata in campo di figure di spessore che potevano sollevare il morale, la dignità di questo comune. L’argomento è ancora oggi difficile da affrontare, mai un dibattito, uno studio, una riflessione, perché una cappa sovrasta le coscienze con un misto di paura, di resistenze, di omertà, e a Taurianova il carbone arde ancora sotto cenere.
Solo quando prenderemo consapevolezza potremo dire no alla ‘ndrangheta, no all’ingiustizia, no alla violenza, sì al perdono, sì alla riconciliazione, sì alla vita, sì alla costruzione civile e religiosa di una nuova umanità e di una nuova società. Non sono solo slogan, sono un progetto di vita, liberante e sempre attuale.
Lascia una risposta