Storia, natura, società, fede, luoghi devozionali, un percorso agevole in una giornata soleggiata e ventilata, effettuato in alcune tappe. L’escursione è avvenuta a Saracena (con Mariangela B., gentile accompagnatrice), un piccolo borgo aggrappato alla roccia che conta meno di tremila residenti, e alle spalle ha una montagna verde dal cui utero sgorga l’acqua che disseta abitanti e campagne. Il borgo si affaccia sulla pianura di Sibari dove il mattino e la sera si può ammirare il sorgere del sole e il tramonto. Salendo con i mezzi di trasporto, c’è la montagna del Novacco che nel tempo invernale il cielo dipinge di bianco, posto consigliato per sciare e trascorrere una giornata in compagnia.
Durante la passeggiata tra il verde e le rocce, sotto un cielo azzurro e qualche spruzzo di nuvoletta, abbiamo sostato un attimo nella piccola cappellina dedicata alla Madonna di Costantinopoli. La chiesetta si affaccia in un dirupo, al limite della strada, molto piccola, una sagrestia, conserva un quadro antico dedicato alla Madonna e una statua di cartapesta di San Giuseppe. La strada con alcuni tornanti segnala un percorso che si avvia verso l’allora centrale idroelettrica, adesso in disfunzione. Tra alberi e cespugli, il rumore del torrente, si intravedono dei ruderi di un antico monastero benedettino, pietre ancora resistenti all’usura del tempo, del quale non è possibile entrarvi e ammirarvi nulla, ne sono rimasti questi grandi blocchi, e qualche muro che indica la parte dell’abside e del dormitorio.
La staccionata conduce in un punto più in alto, verso un’altra cappellina, nel silenzio e ascoltando il vento e il canto degli uccelli, con una temperatura rinfrescante, riposo e frescura nei tempi caldi in estate, dopo una non ripida salita, un piccolo piazzale adiacente si ammira un’altra chiesetta, dedicata in un posto che serve come riflessione e meditazione, non solo per i picnic. La cappellina è dedicata alla Madonna della fiumara, nel contesto del posto dove scorre il torrente. Non si conserva nulla di interessante, solo una tela che raffigura la Visitazione di Santa Maria ad Elisabetta e una piccola sagrestia.
Il percorso, i luoghi, meritano riflessione, tranquillità, silenzio, lontani dai rumori del paese e dalle chiacchiere, per ritrovare quell’ascolto e quel dialogo con la madre natura, con se stessi e con lo spirito divino che aleggia nella bellezza del verde. È un esercizio rilassante, rinfrancante, il luogo, i monumenti, la natura, essi aiutano alla relazione armoniosa con tutto ciò che ci circonda. Dopo un po’ di pausa, qualche inevitabile foto e video, a suggellare l’escursione, usciti da questo ventre di montagna, una sbirciata alla chiesetta dedicata a Sant’Antonio di Padova, quasi nel cuore del paese, piccola ma accogliente, con una interessante tela che raffigura la Madonna dei Pellegrini e San Rocco, ben riconoscibile dalla piaga nella coscia destra.
Chi ha costruito questi edifici sacri, di devozione, con il contributo della gente del luogo, è un’impronta di fede che sembra aver interrotto una memoria storica. Posso immaginare il canto dei benedettini, i pellegrini che andavano verso la cappellina della Madonna della fiumara, qualche ritiro spirituale o l’allenamento per tonificare il corpo che ha sostituito il pellegrinaggio dell’anima e della vita.
Sono luoghi da contemplare, perché dove guardi guardi, il verde, la montagna, la roccia, il cielo, l’acqua che scorre, sono un movimento che riflettono dentro di sé e che avrebbe bisogno di essere ascoltato, nel cuore della propria interiorità. Noi siamo parte del luogo che ci ha generato, esso ci nutre, e se lo rispettiamo egli ci rispetta, ma se non eleviamo lo sguardo al cielo, la vita rimane piatta, superficiale, ingoiata da quelle cose piccole e insignificanti che fanno perdere il senso della vita e del nostro esistere qu, senza un orientamento e uno scopo.
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