Il mese di maggio, un fiore a Maria. Maria, nella società e nella spiritualità

Il mese di maggio, un fiore a Maria. Maria, nella società e nella spiritualità

Il mese di maggio, un fiore a Maria. Maria, nella società e nella spiritualità 1170 1075 Vincenzo Leonardo Manuli

«Nel ventre tuo si raccese l’amore», è il versetto di un’appassionata invocazione alla Vergine Maria di Dante Alighieri, nella imponente opera della Divina Commedia (Cf. Paradiso, XXXIII, 1-39). È uno degli inni più conosciuti nella poesia religiosa, anche se gli studiosi attribuiscono la paternità di questa preghiera al monaco Bernardo di Chiaravalle. Maria risveglia l’amore, anche nel mese di maggio, il mese della pienezza della pasqua, altresì il mese “mariano” che la spiritualità cristiana popolare dedica a Miryam, donna del popolo. Sarà forse eccessivo il culto a Maria? Sì, se ella è vista come una divinità o un idolo da adorare. No, se Maria è guardata come una creatura umana, colei dove il cielo e la terra si sono incontrati, in cui «la sfida più grande è integrare la spiritualità con la giustizia sociale» (Cf. M. C. ATHANS, Alla ricerca di Maria, donna ebrea, Brescia 2015, pp. 275). Voglio offrire un “fiore a Maria”, in questo mese, nel quale ognuno cercherà di dare il massimo, alcuni progetteranno nuove iniziative, gli studenti si impegneranno per una buona conclusione degli studi, mentre in chiesa si farà festa con le prime comunioni e le cresime. È un mese di novità, di ringraziamento, e pensando al suo sguardo “incarnato e liberante”, mi immedesimo in lei, dove ha visto la speranza quando non era possibile sperare, la donna del sì: «È stato il “sì”, di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza alcuna garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa» (FRANCESCO, Christus vivit, n. 44), di chi si lascia educare dagli eventi. Sono consapevole di condividere con tante persone sincere e semplici, che non solo amano Maria, ma la vivono nella ferialità, quale sorella, madre, sposa, giovane fanciulla e compagna di viaggio. I padri della chiesa asserivano che “a parlare di Maria non si è mai sazi”, ed è tutto vero. Parlando di lei, parliamo di Gesù, “carne benedetta” nel quale è inciso e stampato l’amore per il figlio. Maria ha reso visibile Dio, è la giovane ebrea di Nazareth che ha detto sì allo Spirito di Dio, diventando “casa del vento” (E. RONCHI, Le case di Maria, Milano 2006, pp. 160), abbracciata dallo Spirito Santo. Con il suo seno ha allattato Gesù, con le sue mani lo ha allevato e accudito, con il suo sguardo amorevole l’ha custodito insieme a Giuseppe, con la sua ferma volontà e con il cuore l’ha educato, e con i suoi piedi si è messa al suo seguito. È la donna della concretezza, silenziosa, come Dio che si nasconde: «È la via migliore di tutte, una via facile, breve, e perfetta e sicura» (Luigi M. Grignion da Monfort, Trattato della vera devozione a Maria), a tal punto che lei ci educa ad apprendere lo stile di vita per comprendere il linguaggio di Dio da vivere nell’esistenza. Nel dedicare questo “fiore di maggio”, ho pensato ai sette gradini d’amore di Maria: la donna che si interroga e riflette, la donna addolorata tuttavia aperta alla speranza, dallo sguardo penetrante puntato sul figlio, la donna che vive una fede gioiosa, ardente nelle relazioni e negli affetti, la donna feriale nella concretezza la cui vita diviene sacramentalità e infine, la donna incarnata e liberante. Maria ci invita a vivere la ferialità come scuola di obbedienza a Dio (Cf. T. BELLO, Maria donna dei nostri giorni, 2015, pp. 160), ad amare la quotidianità, soprattutto in casa, “chiesa domestica”, e in famiglia dove si “spezza il pane”, sulla strada e sui luoghi di lavoro dove si consuma il servizio per gli altri e per il mondo. Qui, la storicità di Dio e l’incarnazione di Gesù, il divino e l’umano si incontrano, non nei cieli dorati, ma nelle strade polverose delle opere dei giorni, dei gesti quotidiani, anche in quelle buie e dolorose, ci indica una via, come fu per  don Bosco che la invocava col titolo di “Ausiliatrice” (24 maggio). Maria, ci insegna ad essere più umani, che Dio ha un volto umano e feriale, e al di là delle formule di preghiere che conosciamo e della dottrina su Maria, la sua vita diviene luogo teologico e di umanizzazione. Ella ci aiuta a capire l’urgente bisogno di umanità, cioè, quello stupore di riprendere a curare la vita, il suo senso, gli incontri e le relazioni, avendo più amore per noi stessi e per l’altro, nei piccoli gesti e a volte insignificanti, scoprendo che in ciascuno di essi, c’è la traccia di Dio, a non aver paura quando il cuore umano si indurisce, perché alla fine il bene ha il suo sì definitivo.

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