Mio Signore e mio Dio!

Mio Signore e mio Dio!

Mio Signore e mio Dio! 768 1024 Vincenzo Leonardo Manuli

Seconda Domenica di Pasqua

in Albis o della Divina Misericordia

Domenica 11 aprile 2021 (Gv 20,19-23)

Quando in una persona, in un ambiente, in un gruppo, in una comunità e in una chiesa non c’è più la gioia, qualcosa non va. Incontro spesso volti tristi, preoccupati, evitanti, alienati. La vera liberazione è la gioia che nasce dalla consapevolezza, di aver incontrato nella vita qualcosa che ne vale la pena scommettere. Ci sono lotte, invidie, gelosie, superficialità, grettezze, rancori, che tolgono la serenità all’ambiente che li circonda. La Pasqua è il tempo della gioia, della testimonianza, della missione, dell’azione dello Spirito nella chiesa, anche in questo di paura per la pandemia, abbiamo bisogno della Pasqua, abbiamo bisogno di essere toccati, nell’intimo, per non essere funzionari o commercianti del sacro, schiavi di riti e di liturgie asettiche.

La chiesa vive nella Pasqua, vive della Pasqua, vive alla presenza del Veniente e del Vivente. Dopo gli eventi drammatici della passione, crocifissione e morte, ecco lo scenario inaudito della tomba vuota e il Risorto che si manifesta ad alcuni, appare, si fa vedere e addirittura toccare. I giudei sono ancora più agguerriti e gli apostoli hanno paura di ritorsioni, si sono dispersi e alcuni vivono da rifugiati. C’è un coinvolgimento dei sensi, perché la fede è corporeità, invece spesso si vive la fede e la religione in maniera ideologica, idealistica. Manca la profondità dell’esperienza spirituale, perché diventi carne, storia, cultura.

A chi poteva manifestarsi il Risorto se non ai suoi amici più intimi? Vivendo in una condizione metastorica, superiore al tempo e allo spazio, Egli entra a porte chiuse, e c’è chi dubita nonostante sia apparso più volte. Ancora gli apostoli hanno nella mente i fatti violenti e drammatici, c’è paura, i dubbi sono come catene indistruttibili, e questa notizia sconvolgente, segnala il cambiamento degli eventi. Manca il tocco del Risorto che aiuti i discepoli a ricominciare di nuovo.

Il Risorto li riabilita, è necessario perché possano riprendere un nuovo corso, sta in mezzo, è al centro, in modo che tutti attorno hanno la stessa prospettiva, né a lato e né davanti a tutti, perché ciascuno ha la stessa relazione. Interessante il fatto che lui è al centro, e dona il regalo più grande, shalom, la pace, la sua presenza, una condizione di beatitudine di felicità, è la prima parola da Risorto, accompagnata dai gesti e dai segni. Ecco la fedeltà di Gesù, il Veniente tra i suoi anche quando non lo meritano e non sono in sua attesa, egli mostra il cuore aperto, le mani e il fianco, esibisce le ferite, fa vedere l’amore, la misericordia e continua per sempre a rendere visibili i segni dell’amore e si prende cura dei suoi. “Gesù è presente con un corpo che non è un cadavere rianimato ma che viene a porte chiuse, non obbedendo alle leggi del tempo e dello spazio: un “corpo di gloria”, un “corpo spirituale”, nel quale però restano i segni dell’aver sofferto la morte per amore, sono segni di passione e insieme di gloria, segni dell’amore vissuto “fino alla fine, all’estremo” (E. Bianchi).

C’è un altro dettaglio importante, il Risorto sta in piedi, e soffia lo Spirito come nuovo soffio nel cuore di carne, e perdona i peccati, li condona. È la certezza che Dio è con noi, ci comunica il suo amore, lo Spirito Santo è venuto per salvare e non per giudicare, non gliela fa pagare a nessuno, il suo intervento è solo quello di condonare il peccato di un passato ingiusto delle persone. Egli entra in una comunità ferita, e con il suo corpo glorioso porta misericordia. E i discepoli? Gioirono, ma non tutti, ancora qualcuno dubita, Tommaso, che vuole vedere e toccare.  

Il Risorto viene anche per Tommaso, che sono io, che sei tu, quello che ha perso la fede e la cerca, e anche a lui, a noi, si fa vedere con i segni del suo amore, mostra il fianco, le stigmate della sua passione impresse per sempre nella sua carne gloriosa, la resurrezione cancella i segni della morte e del peccato ma non i segni dell’amore vissuto, perché l’aver amato ha una forza che trascende la morte. Possiamo immaginare questo incontro, bello, nuovo, sorprendente e voler stringere al proprio petto il Signore, e dirgli tutto quanto abbiamo nel cuore, poche parole ma liberanti: 

Mio Signore e mio Dio!

Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.

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