Domenica di Quaresima (B)
Commemorazione dell’ingresso del Signore in Gerusalemme
Domenica 28 marzo 2021
Questi sono giorni santi che scorrono di una velocità incredibile, e ci proiettano ad immergerci negli ultimi istanti della missione di Gesù, la sua passione, morte e risurrezione, nell’intreccio di tradimenti, – dove tutti scappano -, dove egli è lasciato solo, denunciato dalle autorità religiose a quelle imperiali romane, fino al tremendo supplizio, la croce. Gli eventi della passione non possono passare inosservati, non conosciamo il dramma della passione, abbiamo presente solo alcuni passaggi. Di fronte abbiamo un trittico dove Dio rivela la sua gloria, nonostante potrebbe apparire il contrario, Gesù è abbandonato da tutti, anche dal Padre che tante volte l’ha proclamato l’amato, il diletto. Lo scandalo della croce impaurisce tutti, è un fuggi fuggi, dove la comunità si ritroverà più avanti nel cenacolo, tuttavia deve passare prima attraverso la prova, non come se nulla fosse successo, imparando da quegli eventi che Dio conduce gli eventi secondo una sua logica.
“La croce, è l’immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso” (Ermes Ronchi), e Gesù vive tutto questo nella libertà, è lui stesso a condurre gli eventi, consapevole fin dall’inizio della sua missione, prega, suda, supplica, ma rimane il protagonista, non è lasciato in balìa degli accadimenti, li domina. Ecce homo dirà il governatore della Giudea Pilato, di fronte alal Verità se ne laverà le mani, non solo, il sommo sacerdote Caifa profetizzerà, è meglio che muoia un uomo solo che perisca tutto il popolo, Dio scrive dritto attraverso vie storte.
Nel giorno in cui gli agnelli venivano sgozzati, il vero Agnello è Cristo, un gesto profetico che anticiperà nella cena pasquale, quel pasto conviviale e sacrificale che rimanda al Golgota e l’impegno per tutte le generazioni fino alla fine del mondo: Fate questo in memoria di me. Lasciamoci prendere per mano, immergiamoci nella passione del Signore, non scappiamo anche noi dalla croce, stiamo come Maria, con dignità, sarà simbolicamente quell’asinello che Gesù nell’ingresso a Gerusalemme cavalcherà e che noi montiamo che ci aiuterà nella sequela per contemplare gli eventi: “Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della croce” (Karl Rahner).
C’è un dettaglio che mi ha sempre colpito, nella confusione attorno all’identità di questo Uomo, che soffre, prende su di sé tutta la rabbia, l’aggressività e la violenza del mondo, e oggi ne siamo sempre più assuefatti, arrabbiati con tutto e con tutti, lui che si fa peccato pur essendo senza peccato, e solo un centurione, sotto la croce, addirittura un pagano, riconoscerà la divinità: Quest’uomo era veramente figlio di Dio! L’Onnipotente sia fa debole, una passione che si consuma ancora oggi, come quella di chi sta accanto a chi soffre, di chi si mette dalla parte della giustizia. Cosa avrà visto quel soldato romano? Ha visto soffrire e morire con dignità il crocifisso, “vicino a Dio nella sua sofferenza”, direbbe Dietrich Bonhoeffer, ne avrà visti tanti morire così, avrà sentito anche lui gli insulti, le grida, le prese in giro, e quelle ultime parole di Gesù che i primi discepoli hanno raccolto conservato, custodito, come Maria, anzi sarà stata lei a meditare assieme ai discepoli.
Sono giorni santi, intensi, ricchi, coinvolgenti, centrali per la fede cristiana, dove non ci si può distrarre, la sequela è difficile, la croce non è sopportabile, il Cristo, quello appeso nelle nostre chiese, quello che sfoggiamo nei luoghi pubblici, che esibiamo nel nostro corpo, rappresenta l’indicibile amore di Dio, che ci partorisce a nuova vita, un mondo nuovo, dove presto tutto sarà capovolto: È risorto!
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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