Domenica 7 marzo 2021 (Gv 2,13-25)
Casa di preghiera
Sono seduto tranquillamente e nella mia scrivania raccolgo qualche appunto, trovo un pò di pace per scrivere la riflessione di questa terza domenica di quaresima, dopo avere predicato il settenario del Crocifisso a Cassano in cattedrale, e adesso metto insieme i pensieri, ripenso agli incontri, all’abbondanza di grazia vissuta in questa ultima settimana. Mi piace iniziare con la parola pace, un atteggiamento e uno stile che si conquista giorno dopo giorno:
“Pace è la parola più bella e l’augurio più importante, la pace del breve istante che ci possiamo concedere è un piccolo seme, ben coltivato e curato, il dono più bello da scambiarsi reciprocamente. Questa serenità di fondo è il terreno su cui germoglia la possibilità di essere veri con se stessi e gli altri” (Fratel MichaelDavide).
Volgendo lo sguardo al vangelo, può sorprendere il gesto rivoluzionario e liberante di Gesù: è acceso di zelo, nell’epifania del ministero pubblico al Tempio di Gerusalemme e nel luogo sacro per eccellenza d’Israele, in cui il culto si è pervertito ed ha smesso di essere spazio di preghiera. Cosa succede qui: si vendono animali, si scambiano monete, regna l’idolo del denaro, il dio mammona. Il Tempio è trasformato in un “mercato e covo di briganti”, centro di potere e di malaffare, un disordine, che diversi profeti già avevano denunciato, tra questi Geremia il profeta che “non dice mai nulla di buono”, rimproverando il popolo della dissociazione tra culto e vita. Sulla linea profetica, Gesù critica la pratica religiosa deteriorata e che il Tempio sembrava richiedere a nome di Dio ma, dicendo che quella è la casa di suo Padre, rivela di essere il Figlio, dunque il Messia, il Figlio di Dio (atteso dai giudei quale purificatore e giudice), e il Tempio invece di essere domus Patris mei, – dice Gesù – è stato reso domus negotiationis.
Anche le istituzioni più sante possono conoscere pervertimenti, allontanandosi dall’intenzione originaria e necessitano di purificazione, una primavera pasquale di novità per ritornare alla purezza della Parola e del Vangelo. Il segno di Gesù è profetico, dove non solo scaccia i venditori, purifica il Tempio. C’è un parola che anticipa il mistero pasquale: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19). È Lui il vero Tempio da adorare, è Lui il vero agnello pasquale: egli “ parla del tempio del suo corpo, della sua morte e risurrezione”, non tanto dell’edificio e delle pietre che conosceranno usura del tempo e il travolgimento degli eventi storici. In realtà, il luogo per incontrare e annunciare Dio è la nostra esistenza, e “il profeta ama la parola di Dio più ancora dei suoi risultati. Il profeta è il custode che veglia sulla feritoia per la quale entrano nel cuore speranza e libertà” (Ermes Ronchi).
L’immagine che si ricava di Gesù è quella di un sovversivo, in cui denuncia abusi e strumentalizzazioni, egli ha quella buona dose di follia che lo porterà alla croce, per la salvezza di tutti. Egli sarà scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, ma inizierà la lunga opera di ricostruzione del Tempio che continua nei nostri cuori, nella nostra esistenza, dove siamo chiamati a privilegiare la gratitudine invece della logica del mercato, dove invece di dominare il do ut des dovrebbe realizzarsi la legge dell’amore. La conversione è smettere di fare commercio e venderci per quello che non siamo trasformando il tempio santo del nostro cuore in teatro di ipocrisia, di non fare mercato della vita e della fede, la vera e autentica preghiera che si eleva a partire dalla nostra esistenza e dal luogo in cui ci raduniamo parte dal culto dell’amore, è il nuovo tempio, dove si serve Dio e si adora in “spirito e verità” (Gv 4,23).
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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