Quando muore una persona che è passata nella nostra vita, muore anche una parte di noi. Non so chi ha detto questa frase, ma la sposo con tutto me stesso. Noi siamo tutti, nel senso, che siamo esseri sociali, interagiamo, ci influenziamo reciprocamente, al di là delle scelte di vita e della diversità di opinioni.
Scrivo queste righe a poche ore dalla notizia della conclusione del pellegrinaggio terreno di don Peppino Oliva, parroco emerito della parrocchia Santa Maria del Colle di Mormanno. Di getto, condivido quello che nel mio cuore e nei mei pensieri riaffiora, è stato un “grande”, ed ha seminato tanto bene, vangelo, carità, non perché adesso non c’è più, ma perché in tempi difficili, ha saputo resistere, perseverare, continuare l’opera del vangelo, come uomo e come prete.
Ho approfittato dei momenti brevi per ascoltarlo, dialogare con lui, un pensiero fine, articolato, ma ricco di spiritualità, un uomo di Dio, ha dato tanto alla Chiesa, alla diocesi di Cassano all’Jonio, a Mormanno, dove è stato per più di cinquant’anni.
Con sincerità, ha dato molto, anche dopo aver lasciato le redini della parrocchia, vivendo con discrezione proseguendo il suo apostolato, collaborando con don Francesco Di Marco. Io mi sono arricchito, per quel breve tempo che l’ho conosciuto, ho apprezzato la sua critica, l’acume e l’intelligenza spirituale, l’esperienza, perché si impara dai più anziani, facendo silenzio e ascoltando.
Grazie don Peppino, ci hai raccontato di Dio e dell’uomo, Ad-Dio, adesso, parla di noi, al Padre, potrai contemplare nell’eternità il suo volto.
Vorrei congedarmi dicendoti grazie, con le parole di San Tommaso d’Aquino, perché si impara dai saggi, dai maestri, da chi fa del bene: «Circulus et calamus fecerunt me doctorem» (il parlare insieme agli altri) e lo scrivere mi hanno fatto diventare dottore, così è stato anche con te.
Ad Dio.
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